Quali poveri?

C’è un filo conduttore che lega le proteste contro i profughi a Treviso e a Roma e il racconto che ne è seguito, le vicende greche e i tanti, troppi, tentativi esasperati di lettura univoca e conformata messi in campo dai media più accreditati e la vignetta di Giannelli sul Corriere di oggi: quello della povertà.

Certo, i fascisti (non conosco altri termini), quelli che cavalcano le manifestazioni contro i migranti e chi tiene il punto sul diritto dei forti a ottenere dai deboli il pagamento dei debiti, anche quando è manifesto che non possano farcela, stanno vergognosamente lucrando consenso viscerale e ideologico sulle difficoltà che mettono in terra gli uni contro gli altri, me è il voler ignorare come tutto ciò sia figlio della tremendamente ingiusta diseguaglianza il principale problema.

In Europa, la povertà è cresciuta mentre nelle tasche degli investitori si accumulavano interessi positivi per l’acquisto di titoli dai Paesi in crisi. Cioè, mentre la Grecia in affanno vedeva salire il tasso a cui piazzare le proprie obbligazioni pubbliche, su quello facevano profitto le banche degli Stati più potenti. Ora, queste chiedono il pagamento del denaro ottenuto speculando su quelle difficoltà, e la democratica Unione tiene in vita il debitore ellenico non per fraternità continentale, ma per cespite finanziario. E nel frattempo che si racconta al mondo degli altri poveri che i greci devono pagare per i loro privilegi, si nasconde che a soffrire per ripagare quegli interessi saranno sempre i poveri che già soffrono, non certo i ricchi che da sempre di privilegi hanno vissuto, lì come in tutti i posti del mondo.

In Italia, non accade nulla di sostanzialmente diverso. L’Istat ci dice che c’è una quota di poveri ormai stabile, che spinge sotto i livelli di povertà assoluta quattro milioni di cittadini e un numero doppio in quella relativa, il coro mediatico gioisce perché non aumenta ancora, dando ragione a Mauro Biani che, cinicamente, disegna un povero che parla del loro numero ormai fisso e un ricco che commenta: “Bravi, la stabilità è una cosa fondamentale”. E tutto ciò, mentre ricchi signori che campano di politica, facendo soldi col permesso dei ricchi sul consenso della gente, spesso connesso ai sentimenti, spiegano che il problema sono i più poveri, che “sottraggono risorse agli italiani”, nella versione becera, o che, in quella vestita meglio, che “non possiamo accogliere tutti”.

A completare il racconto, come sempre quando sono i fascismi ad affermarsi, non può non mancare l’ammiccamento compiaciuto della buona borghesia. Ecco allora la vignetta del Corriere della sera sui profughi, ma sarebbe meglio dire “contro”, e le dotte spiegazioni di quelli che ragionano e argomentano su come questo sia “l’unico mondo concretamente concepibile”. Il mondo dove i ricchi diventano sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri, e sempre di più, disuguale e ingiusto perché così, in concreto, è concepito.

Ma questo racconto, per quanto dominante e forse pure egemone, è falso, e altre strade sono possibili e percorribili, partendo da quel principio di uguaglianza che una volta definiva la differenza fondamentale fra quanti, a sinistra, il mondo volevano cambiarlo e quelli che, a destra, volevano lasciarlo com’era, perché così serviva ai loro privilegi.

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