Nel caso, starei con Giachetti

Fa bene il deputato del Partito democratico, e vice presidente della Camera, Roberto Giachetti a rivendicare il suo “sì” all’emendamento della Lega Nord sulla responsabilità civile dei magistrati, in dissenso rispetto a quanto espresso dal Governo e dal suo gruppo di appartenenza. E non lo dico perché concordo con la sua scelta, tutt’altro; per me quell’emendamento è un modo per intimidire i giudici, per limitarne l’autonomia e spero davvero che a quel voto della Camera rimedi il Senato (cosa ancora possibile grazie al bicameralismo perfetto di cui tutti s’augurano la fine).

Lo dico perché lui rivendica la sua libertà di esprimere, con un voto, il dissenso. E ha ragione. Se riteneva di non poter votare con il suo gruppo, perché, come dice, su quei principi si è sempre battuto, ha fatto bene. Ancor di più perché non ha approfittato dell’anonimato del voto segreto, come altri hanno fatto sia in quel voto sia quando si trattò di votare per il per il presidente della Repubblica lo scorso anno.

E tornando ancora a quel periodo, fece bene Matteo Renzi a dire apertis verbis: “Marini non lo votiamo”. Perché se c’è un dissenso, deve essere manifestato ed espresso. Altrimenti cova nel segreto, e magari finisce, in modo figurato, ovvio, come nelle curia di Pompeo alle idi di marzo (e anche allora fu nel corso di una riunione del Senato, per dire).

Va da sé che, nell’ottica dell’espressione del dissenso, fa bene Corradino Mineo e gli altri senatori a rivendicare il diritto di pensarla, e di votare, diversamente dal Governo e dal loro gruppo su questioni di rilevanza costituzionale. E anche loro, come Giachetti, lo fanno perché su quelle cose e su quei principi lavorano da una vita.

Ha sbagliato, invece, il grillino Luigi Di Maio a definire “provvedimenti giusti” quelli presi contro Mineo e Vannino Chiti (a proposito: ma al nuovo corso renziano non dice nulla questo apprezzamento riscosso?), sbagliava Berlusconi a dire a Fini, “se non sei d’accordo, dimettiti”, sbaglia Grillo ogni volta che fa fuori a colpi di click ogni vero o ipotetico dissidente (sempre parlando di parallelismi).

E sbaglia chi quei provvedimenti contro i due senatori Pd li ha decisi e li ha approvati. Soprattutto se dice che non intende “consegnare il Paese” ai dissidenti, tradendo, così, un’idea proprietaria delle istituzioni che mal si concilia con i valori democratici e repubblicani.

Così come avrebbe sbagliato Bersani, se al tempo delle elezioni per il Quirinale, avesse chiesto provvedimenti disciplinari contro quelli che seguirono l’indicazione di Renzi su Marini, e sbaglierebbe chi mai li chiedesse oggi contro il renziano vicepresidente della Camera; nel caso succedesse, io starei con Giachetti

E ripeto, il merito delle questioni c’entra fino a un certo punto. C’entra molto, invece, il senso di quella frase che S. G. Tallentyre (pseudonimo della scrittrice Evelyn Beatrice Hall) nel suo Gli amici di Voltaire attribuisce al filosofo francese: “disapprovo ciò che tu dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”.

Ecco, non dico fino alla morte, ché queste pulsioni ultimative non mi sono mai piaciute, ma almeno fino al libero dibattito in un aula parlamentare si potrebbe provare, che ne dite?

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