Che tristezza la ritorsione dei soldi

«Chi viene candidato, si impegna con una scrittura privata a versare un contributo di 25 mila euro al Pd di Modena in un’unica soluzione. Richetti è stato sollecitato dal Pd e da me, ma non ha pagato. I requisiti c’erano tutti, visto che è stato eletto il 4 marzo 2018. Abbiamo presentato ricorso al tribunale civile di Modena e così si è arrivati al decreto di ingiunzione di pagamento. Il giudice ha riconosciuto anche la provvisoria esecuzione, significa che potrebbero esserci dei pignoramenti». Lo spiega a Repubblica Antonella Orlandi, avvocato incaricato dal segretario della federazione provinciale modenese del Pd Davide Fava di cercare, per via giudiziaria, di recuperare i crediti vantati nei confronti del deputato ormai ex dem; una tristezza infinita.

Triste la vicenda lo è per la sostanza: quella prassi per cui gli eletti sostengono, con parte dell’emolumento che percepiscono, il partito che li ha fatti eleggere, in forza di un contratto. No, non che diano un contributo al loro partito; che lo facciano perché obbligati da una scrittura fra le parti. Triste, ancor di più, per la tempistica con la quale avviene. Come fu al tempo del dissenso conclamato di altri (ricordo il caso Mineo, di cui modestamente m’occupai al tempo, dicendo allora le stesse cose che penso adesso), il rumore sulla vicenda viene dal Pd fatto crescere al momento della manifestazione del pensiero dissidente, in barba a quella libertà da vincolo di mandato di cui pure s’erge a paladino.

Vedete, io pensavo che quella contro Corradino Mineo fosse una ritorsione per le sue posizioni non allineate. E lo penso anche per Matteo Richetti, sebbene non ricordi sue prese di posizione all’epoca in cui a finire nel centro del mirino fu il suo collega. E pensavo e penso che non ha senso far pagare il funzionamento dei partiti ai rappresentanti, ma che serva, al contrario, un vero finanziamento pubblico ai partiti, magari pure incrementato riducendo le spettanze per i singoli.

Per evitare spiacevoli e squallide storie come quelle di cui qui parlo e per un altro, più importante motivo. Se è il deputo o il senatore, l’assessore regionale o il presidente del Cda nella partecipata a reggere le sorti finanziarie del partito, quest’ultimo, nelle casse e nelle sostanze, diventa per forza di cose il partito degli eletti. E lo sarà nelle politiche e nelle scelte elettorali, nella partecipazione dei militanti e nella definizione delle liste. Con gli effetti che già vediamo.

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