«Cammini per strada e ne senti tantissimi che imprecano contro il governo e il Pd: pare che non li abbia votati nessuno quelli che oggi vengono criticati per ciò che fanno. Non vi sembra di dover fare un esame di coscienza?». Il mio amico, tre anni fa elettore del M5S, non ha tutti i torti, quando mi dice che, se Renzi può fare quello che fa, è perché anch’io ho votato per quanti glielo consentono. Nondimeno, un po’ di strabismo nel suo giudizio c’è.
Se è vero che io faccio parte del novero di quelli che hanno votato il Pd e ora lo criticano, è altrettanto vero che siamo stati, comunque, una minoranza. No, non dico quanti han votato per l’allora coalizione di Bersani, consentendo, grazie al premio incostituzionale del Porcellum, l’elezione di chi ora è maggioranza in Parlamento, e che adesso ne prendono le distanze. Intendo proprio tutti, ognuno di quelli che ha votato per il Pd e i suoi alleati nel 2013. Fummo allora (prendo in esame il dato della Camera, ma il discorso non muta al Senato) poco più di 10 milioni, dei 50 che componevano il corpo elettorale; un italiano su cinque. Ecco perché i rimanenti quattro nostri connazionali, quando l’incontri al bar o sull’autobus, possono dire di non aver votato per coloro che stanno facendo le leggi di tutti, riscrivendo le regole comuni e disegnando una nuova forma di governo: perché è vero.
Che significa questo? Nulla. O forse molto. Nel senso che non esclude la legittimità di quel che si sta accadendo in questa stagione. Ma la legittimità attiene alle norme che ci sono, e nulla dice della questione del diritto, del principio, dello spirito delle cose che accadono. Per questo, quel dato spiega pure tanto del sentimento di distacco che si avverte in giro.
Nei fatti, nel Palazzo non c’è la rappresentanza della maggioranza, ma la rappresentazione di un procedimento che seleziona governanti e legislatori in base a meccanismi arbitrari (scegliere un sistema elettorale che premi il partito o la coalizione che prende un voto in più o adottarne uno squisitamente proporzionale è frutto solo dell’arbitrio dei legislatori), che, semplicemente, rendono maggioranza la migliore delle minoranze. Nel Paese, rimane la realtà, con le sue dinamiche, i suoi conflitti, le proprie proporzioni.
Ineludibilmente tali, costantemente presenti.