Se l’astensione è strumento politico attivo

Il quorum al referendum sulla disciplina di rinnovo delle concessioni estrattive entro le 12 miglia nautiche dalla costa non è stato raggiunto. Coloro che volevano e vogliono che alle società sia dato a vita il beneficio di sfruttare il giacimento assegnato, finché esaurimento non li separi, hanno vinto. Quanti pensavano che si dovessero discutere i termini di quell’affidamento allo scadere dei contratti sono stati sconfitti. Io, e non è una novità, ho perso.

A decretare la vittoria sono stati quelli che, consapevoli o meno degli esiti della scelta, hanno deciso di astenersi. Come indicato dal segretario del partito al governo, nonché capo dell’esecutivo, o perché solitamente uso a disertar le urne, chi non ha partecipato ha deciso. Nei referendum abrogativi è così, è la legge. Certo, si potrebbe dire che quelli che han votato per cancellare quella norma sono di più di quanti l’han fatto per eleggere, alle ultime Politiche, chi l’ha voluta o di coloro che, in quelle Europee divenute archetipo dei “cittadini che chiedono le riforme”, almeno stando all’ermeneutica illustrata nel manuale delle giovani classi dirigenti, ma non è così che funziona. O forse sì, dato che gli stessi eletti si sono appellati ai non elettori per aver conferma delle proprie scelte?

Infatti, se l’astensione diventa strumento legittimo e positivo, attivo, per esprimere la volontà politica, in un certo senso, quantomeno in spirito, rischia di esserlo sempre. E di delegittimare quelli che lo usano nel presente e contro cui si potrebbe rivolgere in futuro. D’altronde, lo stesso Terracini citato quale nume tutelare dal Presidente del consiglio nell’illustrazione della sua riforma della Costituzione (quel “sua” stride parlando di Costituzione, ma tant’è, e non è colpa mia), s’interrogò se quel principio del quorum spiegato necessario per le consultazioni referendarie abrogative, e a cui egli era contrario, non fosse a quel punto parimenti essenziale anche per tutte le altre consultazioni. «Non si comprende perché», osservò, «un deputato eletto col voto del trenta per cento degli elettori debba essere riconosciuto come capace di esprimere la volontà di un determinato raggruppamento della popolazione, mentre poi quando il trenta per cento di quel gruppo popolare esprime direttamente la sua volontà, questa non dovrebbe avere valore» (cfr. resoconti seduta del 17 gennaio 1947, II Sottocommissione, Assemblea Costituente).

Perché il punto, nell’anima della questione, finisce per essere tutto qui. Astenersi è legittimo, chi ha mai detto il contrario. Semmai può diventare scorretto farlo quando la non partecipazione concorre a determinare l’esito della consultazione, come al referendum, ma lecito è lecito. Io, ieri sono andato a votare, ma potrei non andarci in un’eventuale tornata amministrativa o politica, laddove, è chiaro, il mio non voto non avvantaggerebbe, preventivamente, alcuna delle posizioni in campo.

A essere rischioso, invece, è l’appello all’astensione fatto dalle massime istituzioni elettive e democratiche. Perché se chi fonda la propria legittimità rappresentativa sul consenso popolare ha di questo una così bassa stima da scoraggiarlo in tutti i modi, dal mancato accorpamento con altre consultazioni fino all’invito esplicito e diretto a disertare le urne, allora come biasimare quelli che dubitano di quella legittimazione o che, in definitiva, nell’intero sistema non nutrono alcuna fiducia?

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4 risposte a Se l’astensione è strumento politico attivo

  1. Fabrizio scrive:

    L’affluenza non ha raggiunto il quorum richiesto e’ cioé il 50% +1 degli aventi diritti al voto , ma la cosa buona e giusta”il referendum” stà dimostrando la volontà nel credere in una reale e concreta democrazia diretta “ partecipativa, associativa, deliberativa”.
    Al di la dei soliti fatti che intendono nasconderci , il dato reale da prendere in esame e analizzarlo scientificamente e’ la partecipazione diretta deliberativa “ in un solo giorno” di circa 16 milioni elettori.
    Il diritto e relativo dovere di votare Si o No o Astenersi ci viene solo concesso nei Referendum e non alle elezioni politiche istituzionali ed amministrative; basti pensare quanti sindaci o presidenti di regioni sono stati eletti con maggioranze semplici .
    Le leggi che regolano i referendum sono diverse e questo e’ sbagliato, democraticamente parlando.
    Nei referendum abrogativi si richiede la maggioranza assoluta ma nei referendum confermativi si richiede solo la maggioranza relativa.
    Chi ci sta governando ha usato tutte le tipologie di maggioranza a meno di una che e’ quella realmente e concretamente democratica e cioé “ la maggioranza qualificata”.
    La maggioranza qualificata e’ quella che viviamo quotidianamente nel corso della nostra vita sociale e culturale .
    Chi ci informa, chi ci comunica , non analizzano mai i dati nella forma scientifica e contenuto fisico-matematico.
    Alle ultime elezioni politiche istituzionali l’affluenza e’ stata del 75% e cioé maggioranza qualificata.
    Alle ultime elezioni politiche europee l’affluenza e’ stata del 58% e’ cioé maggioranza assoluta.
    Che differenza c’e’ fra maggioranza assoluta e qualificata?
    Le percentuali dei vari attori ,nella maggioranza assoluta , non sono proporzionate al numero totale degli aventi diritti ma delegate alla ricerca motivazionale del compra –baratta e vendi.
    Le percentuali dei vari attori , nella maggioranza qualificata , e’ proporzionata alla realtà di partecipazione e deliberazione della vita quotidiana.
    In parole semplici e povere il 25% di voti a favore di Bersani alle elezioni 2013 sono “qualificati” in quanto l’affluenza e’ stata del 75%.
    il 40% di voti a favore di Renzi alle elezioni europeee sono “ relativi” in quanto non proporzionati al 75% del dovere teorico/pratico qualificato.

    p.s. continua

  2. Fabrizio scrive:

    Come mai la carta stampata, la televisione, eccetera ed eccetera non ci fanno apprendere e conoscere i dati reali ?
    Sui giornali, oggi, e alla televisione , ieri sera, ci stanno informando che l’affluenza e’ stata uniforme “percentualmente parlando” in tutte le regioni italiane.
    Non e’ vero! ci stanno comunicando numeri a vanvera!
    Ogni regione ha una sua densità demografica di capitale umano ed un specifico capitale elettorale.
    Quali sono le regioni con maggior capitale elettorale?Che differenza c’è fra regione e regione di capitale elettorale?
    E’ inaccettabile, democraticamente parlando, sentirci dire o vedere sui giornali il 30% di affluenza in Lombardia paragonato al 30% in Toscana.
    La Lombardia ha circa il doppio di capitale elettorale nei confronti di quello che’ c’è in Toscana.
    Per capire e rendersi conto di come sono andate realmente le cose sarebbe opportuno far conoscere i dati scientifici.
    Papa Francesco ci insegna che le persone non sono numeri ma capitale umano, che va rispettato e le istituzioni hanno il dovere di adempiere in nome del popolo sovrano”Repubblica” e per il suo bene comune”Costituzione”.

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