Dopo aver minacciato fuoco e fiamme, definendo la legge di stabilità del Governo “ingiusta” e addirittura “incostituzionale”, la minoranza dem si appresta a disporsi compattamente sulla linea del dissenso duro, propendendo per un voto a favore, però, se su quel testo venisse posta la questione di fiducia, perché, spiega Federico Fornaro nelle parole riportate da Goffredo De Marchis, “non possiamo far cadere Renzi sulla manovra”, tanto che pure alla firma di Repubblica scappa un perfido “stavolta” nella frase sulla poca resistenza di Bersani e soci.
E il retroscenista del quotidiano romano non lesina il cinismo neanche quando scrive che la stessa minoranza non vuole “offrire il fianco alla solita strategia renziana, con il premier che recita la parte di chi ‘batte i pugni sul tavolo’, come sta facendo effettivamente in questi giorni, e i ribelli ‘che calano le braghe all’ultimo’. Ovvero ripetere il film della legge costituzionale”. Nel dare però notizia della posizione arrendevole già in partenza, De Marchis è come se dicesse, per rimanere alla sua immagine, che quelle non se le siano proprio tirate su dall’ultima tenzone, e le abbiano lasciate calate fin dall’inizio di questa battaglia, col rischio di inciampare comicamente al momento topico dell’assalto, determinando quelle ilari scene delle spassose pellicole d’un tempo.
Sempre per rimanere sul tema di commedia, anche se qui siamo ormai alla farsa, a Renzi che accusava i suoi oppositori interni, canzonandoli con le parole di Totò, di essere “contrari a prescindere”, l’ex capogruppo Pd Roberto Speranza ha opposto un saldo “difronte a una richiesta di fiducia al Governo, io non penso ci siano le condizioni per farla mancare”, affrettandosi, così, nel dichiararsi “a favore”. A prescindere, ça va sans dire.
Nel sentire i vari campioni e più noti e interessanti interpreti di quel genere letterario che è ormai la minoranza del Partito democratico definirsi “alternativa al renzismo”, anncora pensando al Principe, verrebbe da dire: “chi siete voi? Ma chi? Ma mi faccia il piacere”.
Ieri sera ho sentito il principino di Rignano sull’Arno sbeffeggiare ancora una volta la minoranza del SUO partito. Suo, aggettivo possessivo assolutamente corretto e, se anche così non fosse, lui si comporta comunque da padrone delle ferriere. Ieri ha detto che la minoranza contesta anche il colore delle cravatte. E lo ha detto con una faccia da schiaffi, che farebbe andare in bestia anche le persone più miti. Ma la minoranza DEM ha una capacità di incassare i colpi ormai come il più suonato dei pugili.