La dissidenza non è un reato

Nemmeno “in senso lato”, verrebbe da dire per fare il verso a sottosegretari divenuti tali nonostante le loro qualità oggettive e accertate. Eppure, oggi corriamo il rischio che venga considerata tale, se pure i giornali che, a parole, più si battono per la libertà di opinione e di espressione hanno definito due ore e mezza di assemblea indetta per affrontare, e se necessario contrastare, le politiche governative in materia di gestione dei beni culturali (e per discutere anche di mancato pagamento degli straordinari, a proposito di chi danneggia cosa), una “autentica diserzione”.

Un’assemblea sindacale ha scatenato un decreto così velocemente che è difficile non pensare che fosse stato preparato da tempo, e in attesa “dell’incidente”, come alcuni sostengono e nella migliore tradizione dei fomentatori di “provocazioni”. Anche perché, autorevoli componenti del Governo (lo so, sembra ironico, ma il Governo non l’ho fatto io), sostengono che il problema sia tutto nella mancata non comunicazione (al NY Times?) dell’astensione, cosa che, per legge (146/90, per i patiti del genere), compete alle amministrazioni e al datore di lavoro, che nel caso, proprio dall’Esecutivo dipende. Quindi, chi doveva comunicare non lo ha fatto, sembrerebbe il senso di quell’interpretazione, per creare il disagio. E, appunto, chi è che doveva?

Però, il merito c’entra poco e quelli che dicono “solo in Italia può succedere” mentono, spesso sapendo di farlo: ovunque si sciopera nei musei e nei monumenti di interesse. E da nessuna parte si è mai pensato di equiparare il divertimento alla necessità, facendo di una pinacoteca l’equivalente sociale di un pronto soccorso. È lo scenario generale a preoccupare.

Quello che con il provvedimento varato di corsa si vuol dire è che “dissentire” non è concesso. Che il Governo agisce per il bene del Paese e, di contro, chi lo contesta ne vuole il male, è disfattista, “disertore”, per usare la guerresca immagine di Francesco Merlo su la Repubblica di ieri sopra citata. Una china pericolosa, preoccupante e apparentemente indiscussa.

Perché le potenziali svolte autoritarie partono così, spargendo il germe che vuole gli oppositori, chiunque siano e a prescindere dalle loro ragioni, in errore e al lavoro contro l’interesse di tutti gli altri. In democrazia, invece, il valore è proprio nella contrapposizione delle idee e delle visioni. Anzi, azzarderei che la democrazia realizzata vive nella promozione dei dissidenti e nella penalizzazione di quanti si conformano; esattamente il contrario di quel che avviene in questa stagione di “adesione di massa”.

E con ciò, è meglio che metta da parte quel galletto per Asclepio.

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