Di slogan e comunicazione, lo ammetto, ne capisco poco, quindi il mio non è un giudizio, diciamo così, tecnico. Però devo ammettere che quello della festa nazionale dell’Unita, “C’è chi dice sì”, fa proprio al caso. Al caso del Pd, intendo. Perché in effetti lì c’è chi dice sì, di solito al capo, che è più facile, o almeno comodo, e soprattutto con più convinzione quanto più è alta e importante la posizione che ricopre. Fino a che non cambia il capo, ovvio, poi possono cambiare ugualmente i sì, e rivolgersi a un altro e su altri argomenti. Che i capi, si sa, son pro tempore, mentre i capitati no, quelli cercano di esserlo per sempre.
La teoria che si tenta di far passare è che “chi dice sì” alle cose che vuole il Governo, vuole il bene dell’Italia e il necessario cambiamento in direzione del progresso, “chi dice no”, al contrario, vorrebbe riavvolgere il nastro del tempo, congelando il Paese in un’imperturbabile fissità. La cosa curiosa è che se ciò fosse vero, in ogni epoca, questa dovrebbe essere la Nazione più progressista al mondo, dato che quasi mai sono in tanti quelli che oppongono un fermo e risoluto diniego alle volontà dei governanti. Almeno finché quest’ultimi son sull’onda del successo, ça va sans dire.
È un tratto antico del nostro popolo, si chiama “conformismo”, nulla di nuovo. Ed è così profondo nel patrio carattere comune che non di rado esso supera anche i confini della fisica, dimostrandosi, quasi contemporaneamente, d’una natura e pure del suo contrario, come il popolo craxiano che si scoprì, nella stessa epoca in cui osannava il condottiero rinnovatore, castigatrice dei costumi del suo leader rinnegato, o quello già berlusconiano che si mutò in folla mai statala nel volgere di qualche settimana, o come, per accentuare i toni del drammatico, se quello di Milano che si riversò in piazzale Loreto in quella primavera di settant’anni fa non fosse lo stesso che, appena quattro mesi prima, accorse in via Rovello a tributare onori e saluti allo stesso uomo di cui ora voleva ridurre in brandelli il corpo. Nuovo, invece, è il tentativo di spacciare per coraggio quella placida adesione alle idee dominanti, meglio, alle idee dei dominatori; in questo, il #cambiaverso opera con decisione.
In conclusione, rispetto al loro nuovo motto, mi sentirei di rassicurare quelli del Pd: sì, “c’è chi dice sì”. E pensando a come sono andate le cose fino a questo punto della storia, e a “quanta gente comunque ci sarà che si accontenterà”, direi che fanno parte di una stabile, numerosa e decisamente ampia maggioranza. Almeno fin quando loro saranno stabilmente al potere, certo.