Uno d’altri tempi

I morotei erano una corrente della Democrazia cristiana. Si staccarono dai dorotei e annoveravano fra i personaggi di maggior rilievo Aldo Moro (ecco perché quel nome). Di quella corrente, fece parte anche Sergio Mattarella, in queste ore nome del Pd per il Quirinale.

Lo dico subito, a scanso di equivoci: Mattarella è un buon nome, non da strapparsi i capelli per l’entusiasmo, ma nemmeno per la disperazione. Se sarà presidente, e sottolineo se, ricorderò a suo merito le dimissioni per i contrasti sulla “legge Mammì”, a suo demerito il non aver fatto una piega sul coinvolgimento del nostro esercito in Kosovo, proiettili all’uranio impoverito compresi. E ho citato i morotei e quel pezzo della sua storia per segnare da dove viene. Nella vulgata di Renzi, egli dovrebbe essere un “rottamato” all’ennesima potenza. La caratteristica principale della corrente di Moro era la capacità di mediare quasi all’infinito; l’esatto contrario della pratica alessandrina del nostro presidente del Consiglio, sempre pronto a tagliare i nodi più che a spiegarli.

Eppure, nel cercare il nome giusto per il colle più alto della capitale, non ha saputo trovare altro se non politico di lungo corso e di così antica tradizione. Uno che ha fatto il ministro con Andreotti e pure con D’Alema, per dire. Insomma, uno d’altri tempi, di quando i telefoni andavano a gettoni e le macchine fotografiche con il rullino, volendo usare le categorie ermeneutiche del giovane premier.

Quasi che la seconda Repubblica fosse passata senza aver formato una classe politica degna di questo nome, si è ricorsi a un uomo della prima anche in questa sedicente terza fatta di “rottamatori” dal tweet veloce. Magari, però, il problema è solo e tutto qui, nella continua, e apparentemente senza fine, caduta della qualità del ceto politico e delle classi dirigenti del nostro Paese.

Un protagonista non ultimo, ma sicuramente non primo, del tempo dei politici con le foto in grigio, le cravatte nere e gli abiti scuri, diviene adesso un gigante fra i gli elettori che dovranno sceglierlo. Immaginate un suo attuale parigrado fra trent’anni. Meglio di no.

Ma così è: l’élite al potere e ai vertici delle istituzioni di governo e rappresentative, ormai si auto rigenera scegliendosi da sola, grazie a meccanismi che escludono volontariamente la partecipazione e limitano la possibilità di scelta e selezione da parte degli elettori. In sé, ciò potrebbe non essere un male, se davvero a guidare la nazione fossero i migliori: chi se non loro potrebbe scegliere i più idonei a sostituirli? Il problema è nella qualità di tali “migliori”.

Quando un sistema è troppo chiuso, infatti, tare e limiti vengono amplificati. A questo serve il rimescolamento; che ciò sia anche qualitativo, può aggiungere elementi positivi. Invece, qui siamo, al massimo e nella migliore delle situazioni, alla sostituzione di uscenti con entranti che di quelli mantengono intatte le caratteristiche fondamentali e peculiari, in un avvitamento continuo e infinito. Ecco perché oggi i rottamati svettano in qualità sui rottamatori.

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6 risposte a Uno d’altri tempi

  1. Johnnie scrive:

    Beh, conoscendo la sua storia oserei dire che Mattarella é stato l’antesignano dei rottamatori, per onestà insieme a Leoluca Orlando, persino più rottamatore di Renzi se é riuscito a mettere all’angolo nella DC di quei tempi gente come Lima, Ciancimino & company.

  2. Louise Bonzoni scrive:

    Ecco…proprio il quadro perfetto, lucido e chiaro. 🙂

  3. Giorgio N. scrive:

    Il dibattito su Mattarella e sul Nazzareno farebbe impallidire le supercazzole di Tognazzi in Amici miei.
    Le riforme istituzionali (cosiddetto patto del Nazzareno) non sono in discussione. Hanno l’unico scopo di evitare che riaccada ciò che successe nelle politiche del 2013 e servono a trasformare la repubblica da parlamentare a premierato. I due schieramenti si ricompatteranno in vista delle elezioni – quando ci saranno – per riportare gli elettori nell’alveo della solita becera tifoseria sulle rispettive leadership (Berlusconi e Renzi al prossimo giro) e poco conterà vincere o perdere perchè l’Italia è il Paese del Cencelli e l’importante è essere della partita, o al governo o alla finta opposizione (come è accaduto da oltre 20 anni a questa parte). Per fare questo non ci deve essere però un terzo incomodo (chiunque esso sia).
    Blindo la supercazzola come se fosse Antani del tarapioco mattarello sfiliguda prematurata con lo scappellamento a destra o a sinistra… segua il dito; su e giù, su e giù!
    PS poi vorrei vedere chi andrà al posto di Mattarella alla Corte Costituzionale (in teoria dovrà essere una persona scelto dal Parlamento in seduta comune). No, perchè l’Italy-cum qualche profilo di incostituzionalità potrebbe averlo eh!

  4. fafner scrive:

    E io continuo a chiedere qua e là perché Franco Marini fu considerato impresentabile da tutti quelli che oggi sostengono la grandezza del Mattarella. Giochiamo a trova le differenze? Nessuno gioca.

  5. simone tarquini scrive:

    Ottima analisi ,come sempre d’altronde

  6. Pingback: Mattarella è Presidente (il giusto mezzo) | [ciwati]

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