Le ragioni del cinico

Lui: “Ma perché, tu ci credi? Guardali, tutti compunti e seri, come se davvero dessero un senso profondo alle cose che fanno e che dicono e poi, un attimo dopo, chi se le ricorda più? Han trovato il modo per dire qualcosa che serva per quelli che stanno ad ascoltare, per dar loro  l’impressione di essere contemplati”.

Lei: “No, non è così. Sei disfattista e pessimista, e soprattutto, semini sfiducia, come tutti quelli come te. Ecco perché non riscuotete fiducia da parte degli altri”.

Lui: “Fiducia? E chi l’ha mai cercata quale forma di consenso a quello che penso o che dico? Sei tu a sbagliare, mia cara, nel giudizio che dai su di me. Io ho tanta fiducia negli uomini, ed è per questo che mi dispero nel vedere la loro sprecata per gente che non la merita. E non perché la vorrei per me, perché lo vorrei per loro”.

Lei: “In che senso?”.

Lui: “Vedi, vorrei che ognuno di quelli che si affidano agli altri per cercare certezze che non trova in sé, sapesse che è lui l’unica soluzione ai problemi che ha. Di più, dovrebbe anche capire che con quel suo comportamento e quel suo abdicare dalle responsabilità è pure il principale di quegli stessi problemi. Ti appaio cinico, ma sono solo stanco, e sì, in questo sfiduciato”.

Lei: “Non capisco, ti contraddici”.

Lui: “In apparenza, credimi, solo in apparenza. In realtà è uno sguardo sul mondo figlio di moltitudini di riflessioni e punti di vista, per questo appare incoerente. O forse, è così solamente perché si oppone all’assoluta mancanza di coerenza che domina il mondo delle parole rispetto alla realtà dei fatti, e per tale motivo, essendo quello stato di cose la normalità, sembra essere questo modo di agire l’assurdo irrazionale”.

Lei: “Così, però, è un po’ troppo presuntuoso il tuo pensiero”.

Lui: “Forse su questo hai ragione. Però non cambia le cose per quelle che sono. Insomma, guardati intorno; pregano un povero morto in croce ma invocano la cacciata dei poveri dal sagrato delle loro chiese, leggono parole di pace e perdono ma urlano rabbia e rancore, scrivono tesi e teorie di democrazia e potere ai popoli ma quand’esso si manifesta fanno di tutto per bloccarlo e limitarlo. Chi è l’incoerente?”.

Lei: “Beh, se la metti in questo modo…”.

Lui: “Come altro dovrei metterla? Sì, forse è presunzione, però non ho più voglia di preoccuparmi di chi non vuole preoccuparsi per sé. Anzi, ho voglia di trovarmi un angolo nel mondo dal quale guardare a quello che succede senza nemmeno spendere più il mio tempo per cercare di capire o di spiegare”.

Lei: “Che fai, ora sei tu ad abdicare?”.

Lui: “E da cosa? Chi mai m’ha chiesto nulla? Quand’è che sono stato investito di qualcosa? No, cara, è che sto prendendo atto dell’inutilità di qualsiasi lavoro fatto per generosità senza nessun fine personale. Se a contare è soltanto ciò che si può contabilizzare e conteggiare, allora è inutile la fatica spesa in pensieri e parole. Guarderò il mondo far la sua vita, col distacco e la sufficienza con cui esso guarda a quello che si può fare per cambiarlo”.

Lei: “Questo a me sembra cinismo”.

Lui: “E probabilmente lo è. Dopotutto, credo di avere le mie buone ragioni. Soprattutto, in tale sentire non riesco a darmi torto”.

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