Buoni e cattivi

“C’è un disegno per spaccare in due l’Italia e dividerla tra padroni e lavoratori. Il lavoro non sia terreno di scontro politico. Non si può sfruttare il dolore dei cassintegrati, dei disoccupati, dei precari”. Così il presidente del Consiglio, ieri a Brescia.

In pratica, secondo Renzi, chi è contro la sua visione dei rapporti economici e fra datori di lavoro e dipendenti, non ha semplicemente una visione differente, ma vuole “spaccare in due l’Italia”. Chi non crede alle sue promesse, non ha solamente idee diverse, ma è colpevole del declino del Paese. Chi immagina che si possa avere un sistema di norme sul lavoro diverse da quelle che lui propone, non ha, democraticamente,  una diversa opinione, ma si macchia della colpa morale di “sfruttare il dolore dei cassintegrati, dei disoccupati, dei precari”.

Ora, io non so come la vediate, se siate renziani o antirenziani, e non so nemmeno che cosa significhino davvero queste categorie. Quello che so, è che un premier che gode, come ama ripetere, di un ampio consenso dei cittadini, non ha bisogno di questi mezzucci per delegittimare coloro che la pensano diversamente da lui.

Perché è il segretario del Pd a dividere il mondo in due: quelli che la vedono come lui e quanti gli si oppongono, coloro che gli accordano piena e acritica fiducia e chi continua a voler mantenere l’autonomia di critica e giudizio, i suoi, i buoni, e gli altri, i cattivi.

Spaccare la società su quel crinale, lungo quel confine etico fra i giusti e i reprobi, però, rischia davvero di essere pericoloso e di andare al di là, molto al di là, credo, delle reali intenzioni del capo del Governo. La democrazia è insaporita dalla discordia, ricordava Bobbio, perché è proprio nella contrapposizione fra alterne e alternative visioni che vive. Farne una questione tre retti e malvagi, e ipotizzare che l’unica via di uscita sia la propria, oltre a non essere per nulla democratico, è francamente un problema per l’intera tenuta dell’assetto sociale e politico.

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