La politica non può essere l’arte del torbido

“Sia invece il vostro parlare sì, sì, no, no; il di più viene dal maligno”, dice il Nazareno vero (Mt 5, 37), da quella montagna nei pressi di Cafarnao. Ora, magarì sì, sì, no, no, è un po’ poco per il parlare della politica. Ma almeno per il votare dei politici potrebbe essere sufficiente.

Nelle ultime settimane, dalla minoranza del Pd sono venute parole precise e nette, sintetizzate al meglio nell’intervista rilasciata all’inizio di marzo da Bersani ad Avvenire, sul pericolo rappresentato dal fatto che “il combinato disposto tra norme costituzionali e legge elettorale” metterebbe a rischio, o addirittura romperebbe, “l’equilibrio democratico”. Preoccupazione che condivido. Ma quando si chiede di essere coerenti con quella posizione, esprimendo un voto contrario alla possibilità che tale “combinato disposto” si realizzi, le risposte si perdono nell’indefinitezza di un linguaggio politicante perso fra mille “ma”, “se”, “però”, “ehm”, “a meno che”, “dipende”… da che cosa?

Perché per me la questione è abbastanza lineare: o le riforme che si stanno definendo sono pericolose per “l’equilibrio democratico”, e dunque non le si vota e si cerca di respingerle ad ogni costo, anche mettendo a rischio il Governo (dato che, immagino, nessun Esecutivo pro tempore sia più importante di quell’equilibrio), oppure vanno bene, e allora si votano senza richiami a scenari di pericoli possibili ed eventuali.

Insomma, se a rischio sono l’assetto e l’ordinamento democratico, si occupa il Paese e si richiamano in servizio permanente ed effettivo i Partigiani, si mobilitano le brigate nelle valli alpine e fra i colli d’Appennino, nei vicoli partenopei o sui lungomare d’Adriatico,  e le si respinge con tutte le forze, a partire dal voto contrario in Parlamento, checché ne dica, pensi o cerchi di imporre la maggioranza, anche, o soprattutto, se è quella del proprio partito.

Se invece, alla fine e comunque, le si voterà ugualmente, tanto varrebbe farlo, quand’anche non con l’ardore imbarazzante della soddisfazione giuliva spinta in un sentimento quasi d’apnea dato dal “fareleriformechesiaspettanodaannienonsisonomaifatte”, almeno con la sicumera seriosa di chi la sa lunga e decide, con responsabilità e coscienza, ça va sans dire, di riformare il sistema istituzionale, nello spirito riformista che solo hanno i riformatori capaci.

Personalmente, come dicevo, sono preoccupato per gli effetti di quelle riforme sul sistema e sugli equilibri democratici. Se toccasse a me, non le voterei, e se venissero approvate, non voterò per chi le ha volute, sostenute e votate. Perché ritengo che qui le complicazioni siano artate, fatte apposta per tentare nascondere l’evidenza delle questioni in discussione.

Per metterla giù semplice: o siete d’accordo con l’impianto che vuole Renzi, e quindi lo votate, o lo respingete, e quindi non lo votate. Tutto il resto non è politica: è intorbidimento delle acque.  Probabilmente, nella malcelata speranza che, per dirla con le parole di Nietzsche, gli elettori al prossimo giro scambino quelli che pescano nel torbido con quanti attingono dal profondo.

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5 risposte a La politica non può essere l’arte del torbido

  1. Pingback: Intorbidire e intorbidirsi oppure pescare nel profondo | PONTE CIWATI

  2. Daniele Panzeri scrive:

    La politica e saper scegliere. In democrazia i candidati vengono “eletti” cioe’ scelti dai cittadini, e gli eletti sono a loro volta chiamati a scegliere, a decidere.

    Siamo abituati a pensare alla politica come l’arte del compromesso, l’arte della “sintesi”, quando in realta’ a me pare sia l’atto dello “scegliere” l’elemento che piu la caratterizza, e se c’e’ poca chiarezza nella scelta, beh forse c’e’ anche poca politica.

  3. Giuseppe scrive:

    Ci sono bravissimi analisti del linguaggio di Renzi, ma anche quello di Bersani non sarebbe male da analizzare : il “ni” assurto a leitmotif, boffonchiamenti vari , parole gettate qua e la ,senza legami con verbi, lasciando all’ascoltatore il compito di metterle una i rapporto all’altro, pochi complementi, diversi beh, sorrisi di bonarietà , ecc

  4. Giuseppe scrive:

    La scelta è semplicissima , o si vota si o si vota no, tertium non datur. Naturalmente la questione è talmente dirimente che niente potrà essere come prima : nel primo caso si va a cuccia con la coda tra le gambe e si sta zitti per sempre , nel secondo caso ci si distingue in modo deciso e palese abbandonando la speranza di “migliorare dall’interno”.

  5. Fabrizio scrive:

    Riflessioni e Relativi Pensieri Sacrosanti ;Visione oggettiva della realta’ quotidiana!Spazio e Tempo per dare quella scossa di rinnovamento c’e’!Basta volerlo!
    Io credo che un rinnovamento reale del fare per il bene comune sia che non occorra vincere le elezioni per governare ma sia quello di vincere per fare tutto cio’ che e’ bene per il prossimo tuo e non solo!

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