La fame non è certo meno dolorosa

«La pandemia rovescerà i progressi fatti dagli anni Novanta nella riduzione della povertà globale e le diseguaglianze ne usciranno rafforzate. L’analisi del Fondo monetario internazionale sullo stato dell’economia globale riecheggia quanto messo in evidenza dalla Banca mondiale: novanta milioni di persone potrebbero precipitare sotto la soglia di 1,9 dollari al giorno di reddito, entrando ufficialmente nella fascia di forte sofferenza. “In aggiunta”, si legge nel nuovo outlook, “le chiusure scolastiche durante la pandemia” pongono forte il tema della perdita di capitale umano per gli anni a venire».

Così Roberto Petrini su Repubblica, a proposito del rapporto del Fmi sugli effetti della pandemia, e indirettamente delle misure prese per contrastarla, nel tessuto produttivo ed economico, che hanno avuto e continuano ad avere pesanti risvolti per molti. 90 milioni di persone rischiano di scivolare sotto la soglia di un dollaro e novanta centesimi di reddito al giorno. Mi dicono in tanti che la salute viene prima dei soldi. Certo. Per chi, comunque, di questi ne ha a sufficienza per i bisogni primari. Ma intorno alle cifre di cui si discute non è più vero, perché da quei pressi, anche un solo centesimo è questione di vita o di morte, di salute o di malattia.

Il mondo autarchico con tutti chiusi nei propri limiti (addirittura domestici, nel parossismo paradossale a cui ci ha spinti il coronavirus, con i sani che si isolano in casa per paura della malattia) e dove nulla, o poco e con sempre maggiori difficoltà, arriva da di là dalle frontiere, è per forza un mondo meno ricco, materialmente, oltre che umanamente.

E se fra le dispense piene e i frigoriferi mai vuoti possiamo cullarci degli aspetti romantici della passata quarantena trascorsa a legger novelle e preparare torte e manicaretti, la realtà, come ammoniva uno striscione in spagnolo opportunamente affisso durante i giorni in cui a molti – e pure a chi scrive, devo confessarlo – appariva non tanto brutta la prospettiva di una sospensione dalle fatiche della quotidianità, ci ricorda che il poter cogliere gli aspetti migliori delle privazioni è sempre e soltanto «privilegio de clase».

Ora, del rapporto del Fmi o dell’appello lanciato mesi orsono dalla Fao e da altre organizzazioni umanitarie sul rischio di insicurezza alimentare per oltre 180 milioni di esseri umani, possiamo disinteressarcene, tutti presi, come siamo, a discettare di app e mascherine, e dei poveri, presenti e futuri, possiamo continuare a lavarcene le mani, pure con l’amuchina. Però, il macigno per la responsabilità indiretta delle azioni che prendiamo rimane.

In me premendo, ancor più fortemente del fosforo del Poeta, «tra l’aorta e l’intenzione».

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