Però scegliete: o siamo un Paese sicuro, o dobbiamo rintanarci in casa

Per antica scaramanzia contadina e meridionale, non sono solito eccedere in ottimismo, pertanto, non lo faccio adesso e non lo farei mai rispetto a un’epidemia che ha causato così tanti morti in giro per il mondo. È però opinione evidentemente accettata, quella che vuole la malattia e le possibilità di contrarla oggi meno preoccupanti di ieri, e di questo non ci si può non rallegrare, lasciando agli esperti la ricerca delle motivazioni del fenomeno e l’ultima parola sulle evoluzioni dei metodi e dei fattori di diffusione, ma non rinunciando, al contempo, a un cauto buonumore per la notizia.

E no, non sto dicendo questo perché lo ha asserito in diretta tv il primario di un’unica struttura di un ospedale privato milanese; sono corroborato nel sostegno alla tesi di minore pericolosità della situazione, di una sua progressiva e imminente sconfitta, dalle parole e dalle azioni del Governo stesso del Paese. Se così non fosse, se non facesse oggi meno paura il virus e il contagio, perché il ministro degli Esteri si affretterebbe a spiegare (con dovizia di documentazione a supporto e arrivando fino ad agitare minacce e prospettare ritorsioni per quelle nazioni che non dovessero credere nella sanità e salubrità di quella che rappresenta) ai governanti di altri Stati come non ci sia alcun rischio e non necessitino di nessuna quarantena i viaggiatori da e verso l’Italia tutta? O invece, non è così, e siamo ancora nel pieno della peggiore pandemia del millennio da poco iniziato?

Però, delle due, l’una: o, dinanzi a un medico che ci racconta la sua esperienza ed esprime il suo punto di vista sull’attenuazione dei sintomi clinici dell’infezione, ne invochiamo la radiazione dall’albo e il deferimento alla giustizia per istigazione al reato di esercizio del dubbio sulla necessità delle restrizioni, ribadendo l’uso forzato delle mascherine anche quando in giro non c’è anima viva da poter contagiare, e allora non facciamo gli offesi se ci dicono che non è proprio il caso che noi, afflitti da così pervicace e ostinato morbo, si vada a passeggio e a far festa dall’Egeo alla Carinzia e si accolgano qui frotte di turisti da ogni dove, oppure affermiamo il nostro giusto diritto ad andare in giro liberamente e a ricevere visitatori paganti in spiagge e strutture alberghiere, senza dover esibire passaporti di immunità perché ormai guariti i patrioti e giammai infetti i patri suoli.

Certo, nella seconda ipotesi, si riabiliterebbero nei fatti, e in un certo senso si farebbero proprie e patrimonio condiviso, le parole di quel medico di cui sopra, ma è una contraddizione che perdoneremmo persino al più incallito suo critico per interposto paziente avuto in cura. Ciò che non sono capace di capire è come si possa, nello stesso giorno, da un lato invocare l’uso dei dispositivi di protezione individuale ffp3 e i guanti in lattice anche qualora ci si ritiri per espletare la più privata delle esigenze, perché qui da noi è tutto infetto e pericoloso, e dall’altro dichiararsi offesi e pronti a spezzar le reni ai greci e a debellar definitivamente i resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, se solamente qualcuno ci prenda in parola ed eccepisca, pertanto, sulla nostra possibilità di andare di qua e di là o sulla sicurezza di sceglierci quale meta per le vacanze.

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