E meno male che lo sostengono

Oggi potremmo conoscere il destino dell’Italicum, che la Corte Costituzionale potrebbe cancellare dal novero delle strade perseguibili prim’ancora di testarne sul campo la validità. E, se fosse cassato dalla Consulta, sarebbe la seconda volta nella medesima legislatura che un sistema di voto viene smontato e fatto a pezzi per la sua incostituzionalità: un record, che la dice lunga sulle capacità e le qualità dei protagonisti della stagione che stiamo vivendo.

Certo, la sentenza negativa dei giudici assisi sul colle più alto di Roma potrebbe essere propiziata dalla mancanza di omogeneità fra il meccanismo di scelta della Camera rispetto a quello per il Senato. Almeno così si sperticano a spiegare gli stessi che in quel modo l’hanno voluto, dato che è stato disomogeneamente votato in presenza del medesimo assetto istituzionale che abbiamo adesso. Cos’è, non vi eravate accorti, nel maggio del 2015, che la legge si applicava solamente a uno dei rami del Parlamento? Transeat. Quello che mi stupisce è il chiacchiericcio sull’ipotetica volontà del partito di maggioranza di porre termine al governo entro la primavera di quest’anno. Anche questo sarebbe un record: tre governi in tre anni fatti fuori dalla stessa forza politica che li sosteneva, nel mentre, in lungo e in largo, i suoi rappresentanti si spendevano, e si spendono, ad argomentare sull’ineluttabilità improcrastinabile delle riforme per garantire la necessaria stabilità.

Ora, personalmente non ho ansie da scheda, né timori da urna; se si dovesse andare al voto pure domani, dovrei prendere la scheda elettorale e recarmi al seggio. Sempre che ne abbia voglia e che il panorama dell’offerta meriti la fatica della domanda. Mi stupisce, però, che proprio i sostenitori dell’esecutivo Gentiloni (ché se tali non fossero non si coglierebbe il senso e il motivo del loro pronunciamento in aula) nutrano in esso così poca fiducia da volerlo archiviare il prima possibile.

Dovremmo fidarci noi di un governo che chi forma ritiene “a tempo”?

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