Perché il voto è la sola voce che ho (anche nel silenzio)

La Corte Costituzionale ha ammesso le richieste di referendum avanzate dalla Cgil e sottoscritte da oltre 3 milioni di elettori per arginare l’uso dei voucher e per garantire la corresponsione dei contributi ai dipendenti da parte delle imprese subappaltatrici, mentre ha rigettato quello che mirava a ripristinare le tutele dell’articolo 18 cancellate con il Jobs act del Pd. Quest’ultimo verdetto, pure se prevedibile in quanto il quesito un po’ propositivo lo era e avrebbe potuto abbassare il tetto di applicazione di quella norma, includendo le imprese che, ai tempi in cui era in vigore, erano escluse, mi lascia un discreto senso di dispiacere, perché io contro l’abolizione di quell’articolo dello Statuto dei lavoratori lo ero ai tempi dei tentativi berlusconiani e lo sono ancora oggi.

In ogni caso, potremo sempre provare a porre dei limiti all’uso dei voucher e alla barbarie sui diritti dei lavoratori negli appalti con gli altri due quesiti giudicati legittimi dalla Consulta. E inoltre, potremo sempre ricordarci di chi perché quelle cose fossero così come sono adesso ha votato, quando di votare verrà il nostro tempo (che ora, però, credo si allontani, visto che, con la decisione della Corte Costituzionale, viene a mancare un casus di spessore per propiziare dal di dentro della maggioranza la caduta del Governo). Perché quel segno con la matita è la sola voce che ho, e si esprime anche quando tace, quando si astiene e si tiene lontana dalle parti in competizione.

Ecco perché è così importante usarlo o preservarlo con convinzione, persino correndo ogni volta il rischio di sbagliare, che è sempre presente e mai totalmente eludibile, nemmeno nei casi in cui ci si esime dall’esprimerlo. Ma una cosa è chiara: rispetto a quei temi e in una dinamica come quella referendaria, le posizioni non possono essere confuse. Quelli che hanno voluto e sostenuto quelle norme che io contesto fin nella radice, non potranno avere la mia fiducia espressa in forma elettorale, così come chi, col proprio voto, non cerca e cercherà di abolirle o cambiarle.

Soprattutto se, fino a poco tempo fa, proprio a politiche come quelle si diceva «alternativo».

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