Qualcosa era già accaduto

A Milano ha vinto il candidato di Renzi e del Pd. A Bologna ha vinto il candidato del Pd, ma non di Renzi. A Torino ha vinto la candidata del M5S, contro quello del Pd e di Renzi, ma anche no. A Napoli, la candidata di Renzi e del Pd non s’è nemmeno avvicinata al ballottaggio, e il candidato più antirenziano che la sinistra poteva trovare ha vinto. A Roma, il candidato era di Renzi e del Pd, come l’amministrazione uscente che il Pd e Renzi han deciso che era tempo di interrompere, ma la candidata del M5S ha preso due voti per ogni suo consenso: in renziano stretto, l’ha “asfaltato”.

La mia parte non ha vinto da nessuna parte, e questo è bene chiarirlo subito. Tranne a Napoli, in nessuna delle altre città al voto mi sarei riconosciuto in uno dei candidati. E pure all’ombra del Vesuvio, il dato dell’astensione, con una partecipazione già bassa in tutt’Italia ma che lì non arriva al 36 per cento, toglie molte ragioni ai festeggiamenti. Da Torino a Roma, passando per Milano e Bologna, nessuno dei risultati mi dà motivi per gioire; lascio a chi le vuole le soddisfazioni per le altrui vittorie. Il dato piemontese e capitolino, però, è quello che apre più scenari di riflessione, se non altro per l’andamento della distribuzione del voto.

Due immagini pubblicate dal sito YouTrend riassumo bene quanto sia successo. Nella prima, emerge come a Roma la Raggi abbia vinto ovunque, ma i risultati migliori Giachetti li abbia ottenuti al centro storico e ai Parioli, i quartieri della buona borghesia. Nella seconda, si vede come a Torino Fassino abbia vinto nei quartieri del centro e della Collina, anche qui in quelli più benestanti, e l’Appendino in tutti gli altri, soprattutto nelle periferie di quella che fu la capitale operaia del Paese. E se pure un commentatore sempre attento a non disturbare il manovratore del partito istituzione nella sua città come Gramellini si è spinto a parlare di «rivolta contro l’Ancien Régime» guidata da «un inedito Terzo Stato, composto dai ceti che la crisi economica ha indebolito e che l’aristocrazia del centrosinistra ha escluso dalla gestione del potere», qualcosa dev’essere successo. In estrema sintesi, gli strati sociali che dovrebbero vedere nei partiti che si dicono di sinistra la propria naturale rappresentanza politica, non vi si riconoscono più. C’è stato un progressivo divorzio e la procedura di separazione non si è svolta bene: son volati i piatti, e mentre i pochi si sono momentaneamente consolati con gli alimenti percepiti, i molti han masticato amaro, aspettando la prima occasione utile per restituir loro il disinteresse che avevano dovuto subire per anni.

Il M5S, nato come catalizzatore della protesta contro la politica istituzionale e forza antisitstema, da oggi è un pezzo del sistema e una forza politica istituzionalizzata. La sfida che ha davanti è governare due città diversissime tra loro, ma entrambe non facili e con diversi problemi aperti, sebbene quelli romani siano, per dimensioni e gravità, ben più complessi di quelli torinesi. Saranno in grado? Non lo so; la loro proposta politica non mi convinceva e non mi convince, e se presenta alcuni tratti interessanti, ha molti aspetti che mi preoccupano. Di certo han vinto loro, e in democrazia questo forse non basta, ma di sicuro è necessario. D’altronde, come mi spiegano tutti quelli che mi accusano di “minoritarismo”, la maggioranza ha sempre ragione; e se la democrazia vale, allora le decisioni prese con i suoi strumenti saranno la migliori. Salvo rimettere in discussione quelli, ma a quel punto lo si dovrebbe fare sempre, comprese le volte in cui danno ragione a noi. E poi, gli auguri son di rito, per quanto banali e inutili.

Il Pd, suo malgrado, scopre che il racconto del “non ci sono alternative” non può valere a lungo e non può esser valido per tutto. Prima o poi, quelle si creano e si determinano, e se non sono quelle che vorremmo che fossero, è più probabile che a esser sbagliate siano le nostre aspettative che le risposte che la storia e la società ci pongono davanti (e vale per me ancor più che per gli altri, ovviamente). Il centrodestra può sperare di dire ancora qualcosa solo se insegue il renzianesimo, ma comunque perde perché non detta più i temi dell’agenda politica; non certo una bella prospettiva per forze che fino a qualche anno fa governavano tutto il governabile.

Infine, la sinistra. Beh, insomma, vediamo; da che parte è che si va?

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1 risposta a Qualcosa era già accaduto

  1. Enrica scrive:

    Lo so, è una piccola consolazione, ma l’elezione del Sindaco di Sinistra Italiana a Sesto Fiorentino mi ha fatto gioire. E, forse, dico forse, è da quella parte che si dovrebbe andare.

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