Ogni tanto, sarebbero graditi i fatti

Non so se sia davvero come scrive Alberto Burgio su Il Manifesto, che la sinistra dem sia alle prese con una sorta di «recita del dissenso». Di certo, come lo stesso nota, in «poco meno di due anni il governo Renzi ha dato alla luce una sequenza di “riforme” devastanti negli assetti istituzionali della Repubblica, nel mercato e nei diritti del lavoro dipendente pubblico e privato, nella struttura materiale del welfare, nella distribuzione della ricchezza nazionale. A conti fatti, la “sinistra” del Pd ha sempre sostenuto queste scelte, a tratti recalcitrante, spesso silente, sempre al dunque ossequiosa e cooperante».

Ora, uno potrebbe chiedere perché mai me la prenda con i Bersani e i Cuperlo. “Proprio perché”, gli risponderei, “non sono come i tanti andreiromani e le molte pinepicierne che popolano il Pd attuale”. O almeno, così credevo. Non è che io mi aspetti strenue battaglie di principio dalle Moretti e dagli Orfini, che infatti non ne fanno. Tuttavia, essi seguono una prassi meno incoerente: Renzi ha vinto, Renzi è il capo, Renzi decide quello che si deve fare e come; e loro eseguono senza discutere. S’acconciano, cioè, a sostenere quello che c’è da sostenere, anche se non lo condividono, pure se è il contrario di quanto dicevano, evitando di minacciare conseguenze a cui non avrebbero comunque la forza o la voglia di dar seguito.

Prendiamo l’ultimo caso. Verdini e il suo gruppo al Senato sostengono in modo decisivo la riforma della Costituzione. Verdini e il suo gruppo al Senato ottengono tre vicepresidenze di commissione, in “quota maggioranza”. Non notare il nesso di causalità è impossibile. Infatti, Roberto Speranza chiede con forza al segretario del Pd di chiarire, Enrico Rossi, in predicato d’essere l’anti-Renzi al prossimo congresso, spiega che quelli di Verdini sono voti che «scottano» per la sua passata esperienza di «braccio destro di Berlusconi», come se quella non fosse la stessa esperienza di Alfano e come se quei voti non fossero della medesima natura di quelli che ha accolto lui per l’approvazione del nuovo Statuto della Regione Toscana e della nuova legge elettorale regionale. Renzi, per tutta risposta, ignora entrambi, non dedicando alla faccenda nemmeno un tweet.

Devo ammettere, però, che io Renzi lo capisco. Uno come Verdini dice: “se mi dai questo, ti voto quello, altrimenti, arrivederci e auguri per il tuo esecutivo”. Uno della minoranza dem, al massimo, spiega: “non possiamo non votare per il governo col rischio di farlo cadere, ma eccepiamo che…”.

Capite che così non c’è partita? Al presidente del Consiglio, e lo ha dimostrato molte e molte volte nella sua lunga, seppure giovane, carriera politica e istituzionale, interessano i voti; se tu glieli dai “a prescindere”, per quale ragione dovrebbe perdere tempo a capire le tue eccezioni?

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