Non c’era oro alla fine dell’Arcobaleno

Il centro sinistra non c’è più, “Renzi lo ha frantumanto” inglobando “pezzi di destra” e costruendo “un grande centro che cerca di capitalizzare gli effetti della caduta del berlsusconismo”. E la minoranza del suo partito lo critica in modo duro “salvo non trarne le conseguenze” come chi continua “ad abbaiare alla luna”. Vendola, intervenendo all’assemblea di Sel, non ha lesinato critiche al presidente del Consiglio e al Pd.

L’ex governatore della Puglia, un paio di giorni prima, se possibile era stato ancora più duro, quando a Repubblica aveva spiegato di essere “colpito dall’impianto berlusconiano dei ragionamenti di Renzi e dal riposizionamento del Pd nell’area del centrodestra”. Per questo, e ci mancherebbe, aggiungo, sabato scorso a Roma ha detto senza esitare che una sinistra “popo­lare, plu­rale, inno­va­tiva e di governo è una neces­sità dell’Italia e dell’Europa”. Sinistra che, è la traduzione amministrativa dell’argomentazione, può allearsi col Pd che ha quel “riposizionamento dell’area di centrodestra” e il cui segretario fa quei ragionamenti di “impianto berlusconiano”. Sulla base dei programmi, certo. E per lanciare l’idea di questa “cosa rossa” alternativa al renzismo ma anche alleata, si comincia a costruirla dal tetto, dai gruppi parlamentari, dall’unione a tavolino di rappresentanti che ancora non sanno se c’è realmente qualcosa da rappresentare.  Non vi sembra che alcune cose non tornino e troppe, purtroppo, ritornino?

Leggendo i resoconti della riunione al Frentani, mi sono tornate in mente le parole che raccolsi per caso in un convegno nell’autunno del 2007. Al dirigente nazionale della di lì a poco nascente Sinistra Arcobaleno che spiegava la necessità di lavorare “all’unità” per garantire la rappresentanza della sinistra in Parlamento, dalla sedia dietro la mia, un potenziale militante rispose: “scusa, compagno, ma stai parlando di rappresentare un soggetto che ancora non c’è, come fare a fugare il dubbio che tu stia parlando del tuo posto di rappresentante?”. Eh, bella domanda. La vicenda andò a finire nei modi che ricordiamo, e ne parlo col tono per nulla cinico di chi ha partecipato a quella sconfitta.

Capisco quelli che non vogliono correre il rischio di andare “separati alle elezioni e di dover commentare due sconfitte, due inutili 3%”, e quindi criticano chi eccepisce rispetto a questo processo unitario. Però a loro voglio ricordare che i dubbi sono appunto su “questo processo”, non sull’idea di stare insieme, tanto che si propongono alleanze non subordinate alle volontà del Pd (per essere chiari, non è che se il Pd non fa le primarie, allora facciamo la “cosa rossa”; perché, o questa “è una necessità dell’Italia e dell’Europa”, e quindi pure di Milano e di Cagliari, oppure non lo è, e quindi nemmeno a Milano e a Cagliari, o a Roma, a Napoli, a Torino, a Bologna).

Altrimenti, il rischio è che sia poco utile anche una sommatoria del 6% (sempre che la somma faccia il totale), pure se avesse la garanzia di esprimere qualche assessore qua e un sindaco là. Poco utile per tutti quelli che non saranno quel sindaco e quell’assessore, intendo.

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