Gli antipolitici

Non mi capita quasi mai d’essere d’accordo con Sergio Rizzo; ieri è successo. Scrive il giornalista del Corriere della Sera, rivolgendosi idealmente ai deputati che hanno approvato alla Camera la legge che sblocca le erogazioni ai partiti relative al 2013 e al 2014, congelate per a causa dell’impossibilità della Commissione di garanzia (istituita per dare una risposta alle richieste di trasparenza nell’uso del denaro pubblico) di rispettare i tempi della verifica dei bilanci, “quando l’affluenza alle urne crollerà di nuovo e i sondaggi diranno che i cittadini non ne possono più di questi partiti, perché andando avanti di questo passo fatalmente accadrà, non date colpa a ciò che chiamate antipolitica. Perché l’antipolitica siete voi”.

Lungi da me difendere l’idea, demagogica e populista, che quelle leggi contro il finanziamento pubblico ai partiti siano qualcosa di buono: non l’ho mai fatto, non inizierò adesso. Per me, il sostegno di Stato al fare politica è necessario e giusto, perché il rischio è che l’alternativa sia una degenerazione nella concezione padronale o, peggio, nella ricerca spasmodica di qualunque canale utile, pur di arrivare al risultato economico. E quei provvedimenti presi da una classe dirigente incapace di riformarsi, in senso etico e politico, altro non sono stati che il tentativo scomposto di dare una risposta grassa alla pancia di quelli che loro stessi avevano affamato. Lo dimostra il voto in aula di mercoledì, che alla prima occasione segna un’inspiegabile marcia indietro. Così, però, si dà ragione a quelli che dicono che a tutto saprebbero rinunciare partiti e politici, tranne che “al grano”.

È quello il segnale peggiore che si potrebbe dare, e soprattutto quello che offre il destro alle argomentazioni ora più difficilmente confutabili. Perché io avrei ragionato sul “quanto” dare per il finanziamento dei partiti, non sul “se”. Invece, si è voluto sventolare lo scalpo di quello strumento per sedare la folla, e dire che, per il passato e fino al nuovo sistema (peraltro indirettamente ancora pubblico, dato che sempre dall’erario prende il grosso delle risorse), i quattrini sarebbero andati solo ai soggetti certificati e per le spese validate da un soggetto terzo.

Così non è stato, così non è, e così s’accresce il qualunquismo.

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