«Temi il tuo prossimo». Ovvero, le basi scientifiche di una società spaventata

Tutto giusto: ognuno di noi è potenzialmente contagioso, di conseguenza anche l’altro lo è. La distanza e l’isolamento sono le sole armi che abbiamo, per combattere una malattia che ancora non conosciamo a fondo, ma che sappiamo diffondersi con rapidità, sfruttando le nostre disattenzioni e leggerezze. Le precauzioni non sono mai troppe, e se non si tengono bassi i numeri del contagio, il rischio è di non riuscire a curare tutti e al meglio quelli che si ammalano, considerando pure che alcuni proprio non possono essere curati da questo morbo, perché le loro condizioni non lo consentono. Tutto vero; ma c’è poi tutto il resto.

E quel resto è quanto viviamo e vediamo tutti i giorni. Innestandosi su una società già sospettosa verso l’altro, la circostanza per cui i dati accertati confermano l’evidenza di un potenziale rischio nella prossimità, da considerazione circostanziata alla malattia e al momento, rischia di farsi generale e duratura, dando a individui spaventati dai propri simili (sempre da loro diversi e differenti) un malinteso supporto scientifico alle convinzioni. In sintesi, cambiando e ribaltando il precetto evangelico, si rischia, persino con le migliori intenzioni mosse dal sospetto d’esser sé stessi contagiosi, e perciò isolandosi, di temere ogni prossimo possibile quale potenziale untore.

Non è escluso che io stia esagerando le mie percezioni di quello che mi accade intorno, però a me sembra che la strada su cui ci si è incamminati, per eterogenesi dei fini o perché proprio qualcuno lì vuole che conduca (e le due cose, su di un piano amorale, non differiscono poi di molto), porti a un inasprimento di quel sentimento di sospetto, quando non addirittura paura, di cui tante volte si è parlato quale potenziale mina esplosiva posta alle fondamenta della società, e la cui miccia può essere accesa da fiammiferi differenti, che siano alimentati dall’antico e sempre presente zolfo appestante della xenofobia o dai più moderni ritrovati della chimica contemporanea, che pur non dando la noia evidente del fumo, come gli altri riescono a dar fuoco alle polveri.

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