Tutto avrei immaginato, non che si chiedesse ai governanti minore libertà

«Tu vuoi andare e vai al mondo con le mani vuote, con non so quale promessa di una libertà che gli uomini, nella semplicità e nella innata intemperanza loro, non possono neppur concepire, che essi temono e fuggono, giacché nulla mai è stato per l’uomo e per la società umana più intollerabile della libertà». Dice così il Grande Inquisitore, nei Fratelli Karamazov di Dostoevskij, al Cristo che ritorna, ricordandogli le tentazioni nel deserto. Ci sto pensando da giorni.

Davvero non avrei mai immaginato che dei cittadini potessero rivolgere al Governo la critica di aver lasciato loro troppa libertà. Quando tutto questo sarà finito (perché un giorno sarà finito), dovremo interrogarci sulla richiesta che stiamo facendo. Vogliamo il controllo capillare delle forze dell’ordine in ogni minuto? L’Esercito in strada ad ogni crocicchio del Paese? I droni per inseguire chi non rispetta le regole e le app per il pedinamento degli smartphone per capire se sei andato sul serio al negozio di alimentari a far spesa e quante volte nella settimana? Realmente? È questo che stiamo chiedendo, pur giustificandolo con la necessità della prevenzione della salute pubblica? Davvero il mondo che immaginiamo è quello in cui la libertà venga ridotta d’autorità, perché i comportamenti individuali dimostrano che se ne può abusare? Ed è poi così, ne stiamo abusando? Prendo, a caso, il bollettino sugli accertamenti effettuati a seguito dei decreti per fronteggiare l’emergenza Coronavirus emesso dal Ministero dell’Interno ieri, lunedì 23 marzo: a quella data, i controllati risultavano essere oltre due milioni, i denunciati circa 90 mila. Più o meno il 4,5%. Denunciati, non colpevoli; davvero vi sembrano così tanti i “disobbedienti” trovati in più di una settimana di verifiche intensive e posti di blocco per le strade, da giustificare una stretta ulteriore sulle misure di costrizione?

E poi, cos’è questa voglia di controllo sociale ai limiti della delazione che sta prendendo tutti, ognuno singolarmente e nella solitudine dietro i vetri delle sue finestre? Dove va quel pensionato? La tizia della villetta bianca è la terza volta che porta fuori il cane. L’ho visto, il signore del quarto piano, salutare il suo amico del palazzo di fronte dall’altro lato della strada, mentre scendeva a buttare l’umido. E quei due che si tengono per mano? Ma cosa fanno, si abbracciano, si baciano? Chiamate la polizia, non è possibile un comportamento del genere; qui ci mettete tutti a rischio!

Signori, calmiamoci: rischiamo di dimenticare perché è importante difendere l’umanità, anche da un virus. È giusto seguire le indicazioni degli esperti, e qui non si dirà mai qui che così non sia. Ma è giusto altrettanto, se non di più, restare umani. E dare un senso a ciò che si fa proprio per difendere quello che, in questi giorni, ci è precluso, che abbiamo, temporaneamente, perso. Altrimenti, il rischio è che si perda per sempre, che ci si abitui a chiedere, per paura della malattia oggi, di un’altra minaccia domani, sempre meno libertà, sempre più restrizioni, sempre maggiori controlli.

Una via per un mondo che potrebbe non piacerci, e che mi spaventa più del morbo coronato.  

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