O celebrate i giovani per il clima, o festeggiate per la nascita del colosso dell’auto

Un colosso da quasi 9 milioni di automobili vendute, il quarto al mondo, un fatturato superiore ai 170 miliardi di dollari e utili per undici miliardi. Questo è il matrimonio da una cinquantina di miliardi fra Fca e Peugeot che a metà della scorsa settimana, ancor prima d’essere completamente officiato da un notaio, ha incendiato gli animi di mezzo mondo, soprattutto quelli che hanno a che fare con i valori quotati in Borsa. Che dire? Congratulazioni.

Gli applausi, però, un po’ li ho trovati curiosi. Soprattutto quelli che venivano dagli stessi spalti da cui, appena qualche settimana prima, si erano sentite le acclamazioni per l’ultimo Global Climate Strike. Tra le due cose mi sembra ci sia un’evidente contraddizione: o si celebrano i giovani degli scioperi per il clima, o si festeggia la nascita del nuovo colosso dell’auto. Perché gli uni vogliono difendere, come sostengono, la Terra e l’ambiente dall’inquinamento, ed è quindi del tutto evidente quanto ritengano che si debba produrre di meno. L’altro, per ragione sociale, punta a difendere gli investimenti, e di conseguenza a produrre di più. Sempre di più, diesel, benzina o elettrico che sia il suo motore.

Nel comunicato ufficiale delle due aziende involtanti a nozze, infatti, ci si è subito affrettati a mettere in risalto il numero delle produzioni, a chiarire che gli stabilimenti in cui le auto si fa rimarranno tutti aperti (e fa piacere, peraltro) e che, insomma, si punta a crescere, crescere e ancora a crescere.

Le «favole di eterna crescita economica» che – non a torto – denuncia Greta Thunberg.

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