«Qualunque sia il nome giusto per designare queste persone, quali che siano le loro motivazioni, origini e destinazioni, quale che sia l’effetto della loro partenza sulle società che abbandonano, o quello del loro arrivo sulle società alle quali approdano – una cosa è assolutamente chiara: questa gente rende assai difficile ogni discorso a cuor sereno sulla sorte dello scrittore in esilio. Eppure dobbiamo parlare; e non solo perché la letteratura, come i poveri, è notoriamente portata a prendersi cura dei propri figli, ma più ancora per via di un’antica e forse infondata convinzione, secondo la quale se i padroni di questo mondo avessero letto un po’ di più, sarebbero un po’ meno gravi il malgoverno e le sofferenze che spingono milioni di persone a mettersi in viaggio». (Iosif Brodskij, La condizione che chiamiamo esilio (1987), in Id., Dall’esilio, trad. it. Di G. Forti, Adelphi, Milano 1988, pp. 14-15)
Brodskij è stato un esule sovietico in diverse nazioni d’Occidente, oltre che uno scrittore e premio Nobel per la letteratura nel 1987, l’anno in cui, in una conferenza a Vienna, pronunciava quelle parole. Drammatiche nella loro semplicità, esse spiegano tante cose. E se state pensando che mi stia riferendo anche alla qualità delle classi di governo e delle élites in generale di questa stagione che sembra non finire mai, sì, avete ragione. Perché qui Trump è il leader del mondo libero, si diceva un tempo, e una tale che dichiara, come se nulla fosse, che non legge un libro da tre anni diventa sottosegretaria di governo, e per giunta, in un impeto di dadaismo, con delega alla cultura. Se avessero letto un po’ di più, come spiegava l’autore russo, non «sarebbero un po’ meno gravi il malgoverno e le sofferenze che spingono milioni di persone a mettersi in viaggio»?
Sto dicendo che basta qualche libro di poesia o di narrativa per cambiare il mondo? Qualche saggio di filosofia? No (o magari sì, ma in un altro senso); ma figuriamoci a quanto possano servire le migliaia di tweet di qualche politico compulsivamente social. Sto dicendo, però, che la qualità delle idee è spesso forgiata dalla quantità dei concetti che si hanno a disposizione per elaborarle e delle parole che si è capaci di usare per dirle. Le une e gli altri, ovviamente, si trovano in quei libri che sarcasticamente disprezzano i governanti di oggi e i padroni del tempo in cui viviamo.
E questo spiega tante cose.