«In principio c’era la politica, gonfia di sentimenti. Poi l’antipolitica, con i suoi risentimenti. Ora si è aperta la stagione della non politica, dove l’insofferenza è diventata indifferenza, distacco collettivo rispetto alle imprese dei politici. È questa l’eredità della XVII legislatura: aperta all’insegna dei furori contro ogni casta, si chiude lasciandoci casti d’ogni furore».
Fra eleganti calembour e un po’ d’amarezza non celata, lunedì scorso, Michele Ainis, per La Repubblica, ha tracciato un quadro non certo entusiasmante dei risultati di quella che, al suo inizio, venne dipinta come la legislatura più nuova e rinnovata, per generi e generazioni, di sempre. A detta del professore, l’eredità di questa stagione che, come un giorno triste, sembra stentare a spegnarsi nel tramonto, è un mesto sentimento di rinuncia diffuso e quel senso di disinteresse verso le sorti di protagonisti e figuranti della scena politica. «Facessero quel che vogliono», paiono dire i sempre più distaccati cittadini elettori. E non è detto che, nel dirlo, non abbiano ragione.
Pensandoci bene, è quello che dall’inizio ricercano quanti han scambiato i colpi fortuiti del caso con gli esiti della bravura. Cos’erano se non questo gli inviti a lasciarli lavorare, nell’esercizio delle loro funzioni di rappresentanza malintese quali deleghe assolute? Ecco, vi hanno lasciato, se non lavorare, di sicuro del tutto.
«Sono trionfanti», fa dire Carlo Levi al suo Andrea Valenti, dietro cui non si fatica a riconoscere Leo Valiani, a proposito dei parlamentari che si muovevano sicuri di ottenere qualcosa per la loro parte, o forse solo per loro, dalla caduta del governo Parri, per poi fargli aggiungere, laconicamente: «Sembrano impazziti. Sognano tutti i possibili ministeri. E li avranno. Avranno quello che si meritano, quello che ci meritiamo». Auguri.
Per conto mio, ormai la vedo ogni giorno di più come Thoreau (da La disobbedienza civile): «un uomo non ha il dovere di consacrarsi a raddrizzar torti, fossero anche i più grandi; può aver l’assillo di altri problemi. In tal caso è suo dovere almeno lavarsi le mani di tutto ciò e, se non ci pensa più, negare il proprio appoggio a ciò che è ingiusto».
«It is not a man’s duty, as a matter of course, to devote himself to the eradication of any, even the most enormous wrong; he may still properly have other concerns to engage him; but it is his duty, at least, to wash his hands of it, and, if he gives it no thought longer, not to give it practically his support.» (Thoreau)
Detto da Thoreau che pur di ostacolare le ingiustizie “legalizzate” esortava al boicottaggio di imprese schiaviste, all’
evasione“obiezione” fiscale o alle dimissioni da cariche della PA come modo per negare “practically” il sostegno pur essendo in minoranza. (cfr. “Resistance to Civil Government” by H.D. Thoreau p. 19-22 https://sniggle.net/TPL/index5.php?entry=rtcg#p19 )«What is the price-current of an honest man and patriot to-day? They hesitate, and they regret, and sometimes they petition; but they do nothing in earnest and with effect. They will wait, well disposed, for others to remedy the evil, that they may no longer have it to regret. At most, they give only a cheap vote , and a feeble countenance and God-speed, to the right, as it goes by them.»(Thoreau)
Sebbene Thoreau avesse inteso individuare un modo per le minoranze per avversare scelte politiche ingiuste in un contesto storicamente differente (un decennio prima che una _maggioranza_ dal predetto “cheap vote” ottenesse per lui l’abolizione della schiavitù da cui risultò una guerra civile) potrebbe non essere difficoltoso immaginare cosa mai avrebbe potuto pensare di una maggioranza astensionista in un contesto che ammetta referendum abrogativi.
«As for adopting the ways which the State has provided for remedying the evil, I know not of such ways. They take too much time, and a man’s life will be gone. I have other affairs to attend to. […]»(Thoreau)
https://en.wikipedia.org/wiki/History_of_direct_democracy_in_the_United_States
L’ossimoro di una maggioranza “minoritaria” ha finito per materializzarsi in conseguenza di una serie di suggestioni che non stanno avendo altro risultato che quello di amplificare le “putative” cause di astensione (incidentalmente enfatizzate dalla disinteressata egemonia del mainstream) .