Il partito dell’instabilità

Nella giornata di lunedì, lo Spread è salito verso quota 190 e l’indice Mib ha perso quasi tre punti percentuali. Su quest’ultimo, certo, non ha giocato a favore l’aumento di capitale di Unicredit, ma gli analisti e i commentatori sui giornali di martedì erano concordi nel dire che gli operatori di borsa sentivano odore di elezioni anticipate e quindi scommettevano su quello nell’unico modo che conoscono: speculando.

D’altronde, non si può facilmente dar torto a quei traders. Il partito di maggioranza, quello che sostiene il governo in carica, parla apertamente di «esecutivo a scadenza», con un segretario che spinge per andare a votare entro aprile (vorrebbe dire che siamo già in campagna elettorale) e dirigenti di primo piano che spiegano come giugno sia fin troppo tardi per convocare le urne. Insomma, se è la maggiore forza politica del Paese a invocare l’instabilità cercando in tutti i modi di far fuori ii terzo governo in tre anni guidato da un suo stesso esponente, come stupirsi che qualcuno “speculi” su questa situazione?

E non è solo una faccenda legata al possibile scenario connesso all’esito elettorale a cui condurrebbe il sistema che abbiamo ora (e che a me non dispiace, essendo io proporzionalista; magari senza i capilista bloccati sarebbe meglio, ma si sa, non si può aver tutto) nella situazione di forza fra le varie componenti che c’è adesso (almeno a leggere e prender per buoni i sondaggi, però dubito che qualcuno possa davvero arrivare al 40% e avere la maggioranza nella sola Camera, dato che, comunque, al Senato il riparto è su base proporzionale regionale e senza premi).

È proprio, credo, una questione di modi e tempi, per tacere delle qualità e delle competenze, del fare politica attuale. Gli stessi che da quasi un lustro governano il Paese e le sue massime istituzioni con i risultati che vediamo, denunciano un immobilismo che se c’è è il loro e promettono di candidarsi a cambiare in meglio le cose, non spiegando come mai il paradiso che promettono non lo realizzino oggi che, di sicuro, hanno più forza e compattezza di quella che potrebbero avere domani.

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