E ti scopri a cantare Finardi

Io non lo so che diavolo gli prende a questo Paese. Certo, il mondo intero sembra essere impazzito. O meglio, di sicuro non è più compos sui il regime democratico, se si è ridotto a inseguire improbabili miliardari con capigliature bizzarre, e scegliete voi da quando e su quale sponda dell’Atlantico. Però, noi sembriamo davvero esserci messi a correre verso fondi che immaginavo sconosciuti.

In giro, ho visto manifesti curati dai gruppi parlamentari del partito che esprime la maggior parte dei “politici” in cui se ne chiede la riduzione del numero. E se non fosse curiosa e poco seria la circostanza, che in altri tempi si sarebbe detta grave, verrebbe da chiedere loro quali siano quelli “di troppo”, da eliminare, in questa assurda corsa a chi veste meglio i panni del demagogo, porgendo le armi di un’ideologia debole almeno quanto confusa all’egemonia del populismo. Così, non stupisce che l’opposizione rilanci, chiedendo il dimezzamente “da subito” degli emolumenti riconosciuti ai parlamentari (e chissà cosa voterà il Pd, visti i manifesti di cui si diceva), o ipotizzando un’indennità parametrata al censo dell’eletto, rapportandola, cioè, al reddito precedentemente percepito, in modo, dicono, che con la politica non ci si arricchisca né impoverisca, fino a paventare una sorta di “prebenda di cittadinanza” (ché nel discender penose chine, par non esserci mai fine). Andando avanti, forse per confermare i dubbi degli elettori che da quei lidi si sono allontanati denunciandone derive di destra, nei giorni scorsi è spuntato un post dei governativi propagandisti delle ragioni della riforma in cui si spiegavano, con dovizia di precisazioni, i punti in comune fra la Costituzione riedita da Renzi per mano della Boschi e il programma del Pdl nel 2013. Infine, con battesimo della senatrice Pd Valeria Fedeli, a inizio settembre è nato ad Arezzo (ma dai, proprio lì?) il comitato delle donne per il “sì”, cosa che m’ha fatto riflettere sul perché non se ne sia seguito l’esempio nei rivoli dei generi e delle generazioni, come in forza d’un generatore automatico.

Uomini per il “sì”, facile. Gay o lesbiche per il “sì” già un po’ meno, infatti non ho notizia di sodalizi con quel nome. Bisessuali e transgender per il “sì”, non scherziamo, la riforma la devono sostenere Alfano e Lupi. Adolescenti per il “sì”, ovvio, però dopo i diciott’anni. Anziani per il “sì”, si può fare, ma con le dovute cautele. Lavoratori della malta per il “sì”, perché la goliardia è sempre un tratto caratteristico nazionale. Ragazze e ragazzi a un altare per il “sì”, la famiglia, si sa, è importante. Casalinghe non disperatevi, basta un “sì”, e tutto passa, come quando c’era Aspro 500. Attori comici che non fanno ridere da tempo per il “sì”, perché della famiglia abbiamo già detto, e poi vuoi mettere una cena con gli Obama?

Il giochino è banale e m’ha già stancato. Come sempre più stanco sono di dover leggere, ascoltare, vedere toni e temi di tale tenore. Dicono «bisogna stare nel merito», ma inondano le città di slogan che nemmeno la più triviale delle bacheche social piene di punti esclamativi e maiuscole contro la “CASTA!!!1!”.

Ed è superfluo spiegare le proprie ragioni nell’avversarli, bastano i modi che loro esplicano nel farsi élite. «Extraterrestre portami via,/ voglio una stella che sia tutta mia./ Extraterrestre vienimi a cercare,/ voglio un pianeta su cui ricominciare».

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