E pluribus unum, ma in un altro senso

«Parlavamo poi molto in quelle sere,/ in qualche bar, dopo il concerto, insonni e morti,/ di politica, ciclismo, storie vere/ e di come i Weather Report erano forti/ e di come era importante fra la gente/ non essere solo musica e parole/ e di come era importante che la gente/ non fosse una massa di persone sole…». Metti due artisti come Francesco Guccini e Claudio Lolli a scrivere una canzone, e quello che ne avrai sarà un capolavoro, come Keaton in Signora Bovary.

E quanto era davvero importante che la gente non diventasse quella massa di persone sole. Invece è accaduto. Purtroppo. Le masse che prima nemmeno ne frequentavano le periferie, se non come truppe e o sudditi, e che irruppero sulla scena principale nel racconto del tempo degli uomini a partire dalla rivoluzione francese hanno smesso d’essere plurali, come per un paio di secoli lo erano state, determinando così lo svolgersi della storia fra interessi conflittuali e orientamenti differenti, per riunirsi in una, omogenea, unica massa. Fatta di persone sole, appunto, con l’esclusivo tratto condiviso radicato nel desiderio di consumo: merci, immagini, emozioni.

Sapete, l’unione può fare la forza, ma l’unificazione, meglio, l’omologazione rischia di sortire l’effetto contrario. Accade così che quelle masse plurali fuse in nell’unica, singolare e normalizzata, massa, perdano il loro protagonismo nella storia, si facciano di lato riconsegnando il palco all’esibizione esclusiva dei “campioni” di sempre, abdichino dal ruolo che avevano conquistato e si dispongano a far da scenografia (La massa come ornamento è un saggio di Siegfried Kraucauer pubblicato, nel giugno del 1927 sulla Frankfurter Zeitung, agli albori della “massificazione” dell’individuo nei processi industriali e nella spettacolarizzazione della società, che andrebbe riletto per capire molta parte di quello che poi sarebbe successo dopo).

Il riflusso del moto di progresso che, come un’onda, aveva sospinto in avanti il cammino degli uomini è così segnato quotidianamente da quell’inseguire tutti le medesime cose, che sono già vecchie il giorno in cui le prendiamo, di modo che subito dobbiamo rincorrerne altre, in una gara che non può vederci vincitori, dato che a vincere sono solo quelli che ci spingono a correre.

E per la gioia dei restauratori d’antica scorza, ci si spende nell’elogio dei protagonisti, siano essi stelle della musica, divi del cinema o celebrità della politica. Sì, perché pure di quella s’è fatto spettacolo apparente, mentre i meccanismi determinanti e le leve decidenti si muovono, come tutti gli ingranaggi della scenografia d’un teatro, nascosti alla vista degli spettatori, quelli che pagano il biglietto, che si commuovono e urlano nell’attesa del personaggio famoso, che votano affinché i loro beniamini abbiamo la meglio sui cattivi dell’altra parte, fatta di protagonisti sul palco e folle anonime e tifanti proprio come la prima.

Tanto, per entrambe, c’è l’ultimo smartphone a prezzo scontato, no?

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