La resa ai valori borghesi

«Nel quartiere borghese, c’è la pace,/ di cui ognuno dentro si contenta,/ anche vilmente, e di cui vorrebbe,/ piena ogni sera della sua esistenza». Pier Paolo Pasolini, Serata romana.

In tanti si contentano, e aspirano a cancellare, o semplicemente ignorare, i molti conflitti che riempiono ancora il mondo, pure quello appena fuori dalle mura di casa. È così che cresce e diventa egemonica l’attenzione per il bon ton, per l’educazione, per i diritti e le richieste civili e individuali. È così che la dimensione collettiva e politica, le sue ragioni e i suoi moventi, passano di lato e in secondo piano.

«Nel quartiere borghese», scrive il poeta, «c’è la pace». Davanti al magazzino delle spedizioni, invece, c’è la lotta, e i lavoratori muoiono sotto le ruote del camion. Nella fabbrica, ancora, c’è il conflitto, anche quello fra sicurezza e reddito, e gli operari finiscono schiacciati dal ferro della fonderia. Nelle scuole si vive il contrasto, nondimeno quello tra i ricchi con le griffe nello zaino e i poveri che nemmeno possono permettersi il costo della mensa, e così devono ripiegare sul panino portato da casa. Ed è proprio qui che ho sentito le maggiori argomentazioni “da sinistra”, o almeno dalle sfere benpensanti di quella parte, le stesse che avevano ignorato i fatti di Taranto e Piacenza, tutte improntate a spiegare come la vicenda del pasto scolastico fosse una faccenda di società, dimenticando, o banalmente non sapendo perché lontana dal proprio mondo, quanto fosse esclusivamente una questione sociale, fatta di rincari dei servizi e difficoltà nell’accedervi.

La deriva pare ormai completa, e disegna una vera e propria resa ai valori del «quartiere borghese». È come se, da quel fatidico 14 ottobre del 1980 che spiegò nelle piazze e per le strade di Torino il senso effettivo della parola “riflusso”, i silenziosi maggioritari in marcia non si fossero mai fermati, facendo proseliti e infoltendo le loro schiere a sinistra più che a destra.

Nelle famiglie che contestano un prezzo alto in un servizio pubblico dovremmo leggerci uno scontro di classe. Ci consola, al contrario, il pensiero che sia la consueta occasione per dimostrare quanto siamo migliori noi, che vogliamo che i bambini stiano insieme nel momento del pasto, che sappiamo argomentare sulla “funzione didattica dello stare a tavola”, che abbiamo letto i libri e ci piace il confronto pacato e modernamente democratico.

E intanto, nel mentre commentiamo la notizia attenti a quello che mangiamo, che se non è biologico è sacrilegio, stigmatizzando il comportamento di quelle famiglie che “non capiscono quanto sia fondamentale una corretta nutrizione”, dimentichiamo che per molti ragazzini gli affettati del discount sono il massimo che concretamente possono aspirare a ottenere, e che i loro genitori possano permettersi.

Bambini che cresceranno, e per quella spocchia, avendone ragione, ci odieranno.

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2 risposte a La resa ai valori borghesi

  1. Enrica scrive:

    Caro Rocco,
    scusa se insisto, ma è proprio perché sai cogliere l’aspetto “ideologico”: lo scontro di classe, anziché i discorsi fatti comodamente adagiati sui divani di case borghesi, che tu non devi stare sul divano. Se quelli come te si rassegnano è davvero la fine di molte speranze. Io non avendo la possibilità, per ragioni anagrafiche, di sperare nel futuro conto su quelli “puliti” come te, per sperare nel presente.

  2. Roberto scrive:

    Concordo sul tema dello scontro ideologico ma la “questione del panino” è un altro aspetto di quello scontro, perché i genitori che sono andati dall’avvocato per ottenere che i loro figlioli potessero mangiare “il panino”, non sono quelli che fanno la spesa al discount, ma quelli che non vogliono pagare due lire per assicurare che anche i figlioli di coloro che vanno al discount possano avere diritto una volta al giorno a un pasto equilibrato e sano. Anche chi è povero ha diritto a sperimentare un’alimentazione diversa, a imparare a prendersi cura di sé attraverso il cibo e a non finire vittima inconsapevole di stili alimentari “spazzatura” per gli esseri umani e per l’ambiente.

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