O il problema era Prodi?

Scrive oggi su la Repubblica Liana Milella, pag. 6, a proposito dello stallo nelle votazioni su Consulta  e Csm, che il capogruppo al Senato del Pd Luigi Zanda avrebbe detto:  “non si cambia cavallo perché non si può darla vinta al partito dei franchi tiratori. Se lo facessimo consegneremmo il Parlamento nelle loro mani, sarebbe la fine”.

Condivido totalmente l’ultima parte del ragionamento: consegnare le Camere al volere dei franchi tiratori sarebbe la fine, anche delle Camere stesse, aggiungo. Quello che mi convince meno, però, è che questo si determini cambiando cavallo, cioè ritirando la candidatura di Luciano Violante, per il Pd, e Donato Bruno, per Forza Italia, in seguito alle difficoltà di trovare i numeri necessari per eleggerli.

Se così fosse (e se lo dice uno esperto come Zanda, il ragionamento ha di certo un fondamento), al partito dei franchi tiratori, il Parlamento sarebbe già stato consegnato, con tutto quello che, sempre secondo il senatore democratico, ne consegue. Non furono quelli, all’inizio di questa legislatura, ad affossare la candidatura di Prodi? Non si cambiò cavallo allora? E non fu fatto nonostante, con l’abbassamento del quorum, cosa che non avviene in questo caso, quel candidato sarebbe stato comunque possibile eleggerlo in votazioni successive?

C’è qualcosa che non torna nel ragionamento di Zanda. A meno di non voler pensare che, in quell’occasione, il problema fosse proprio Prodi? Cioè, che non ci fosse il pericolo di consegnare il Parlamento nelle mani del “partito dei franchi tiratori”, semplicemente perché, quelli, tiratori non lo erano affatto. E nemmeno franchi, direi.

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