“… e come mezzo di risolouzione delle controversie internazionali”

“Lo sanno a memoria il diritto  divino, e scordano sempre il perdono”, fa cantare De André al Tito della sua Buona novella nell’omonimo Testamento. Similmente, si potrebbe dire dei parolai difensori della democrazia nostrana e dei valori repubblicani a proposito della Costituzione e della guerra.

Mi stupisce come in questi giorni la stampa nazionale tratti con leggerezza il fatto che anche l’Italia potrebbe partecipare al prossimo conflitto contro l’Is, i terroristi che stanno devastando e massacrando buona parte del territorio iracheno, o l’avvenuto invio di un centinaio di parà della Folgore ai confini con la Russia.

Ovvio che la questione russo-ucraina sia un tema importante e una situazione dagli sviluppi potenzialmente preoccupanti: ma è la presenza di truppe Nato ai confini orientali degli Stati membri dell’Est Europa la soluzione? E possiamo costituzionalmente noi parteciparvi? Nessuno pare porsi la domanda.

Certo che i tagliagole del sedicente stato islamico siano un pericolo per quelle popolazioni: ma sono solo e sempre le bombe a stelle e strisce l’unica soluzione? E possiamo costituzionalmente noi dare un contributo e un supproto a quei bombardamenti? Nessuno pare porsi la domanda.

Le immagini delle orribili decapitazioni di giornalisti non possono lasciare indifferenti, come le notizie sulle sofferenze delle popolazioni soggiogate alla follia terroristica: ma è la guerra l’unica soluzione? Una decapitazione impressiona, ma come credete che venga ridotto un corpo colpito da una bomba sganciata da un drone? O fa meno impressione perché a premere il pulsante è un pilota da una stanza remota e pulita? Chiaramente, quei giornalisti erano innocenti, e anche non lo fossero stati, nessuna colpa avrebbe giustificato una simile pensa: ma sarebbero innocenti anche i bambini che, per danno collaterale, potrebbero essere uccisi e dilaniati da missili intelligenti momentaneamente fuori bersaglio. Cosa diremmo allora alle loro madri? Come potremmo spiegare che siamo migliori dei carnefici col sogno del califfato? Come eviteremmo che i fratelli di quei bambini, crescendo nell’aria incattivita dai raid aerei, diventino domani i nostri nemici?

Come faremo a spiegare agli altri i nostri valori, se noi stessi non ci crediamo? Il valore della pace, della libertà, della tolleranza e del confronto. Il valore del primato della diplomazia sulla forza delle armi. Il valore di quegli ideali che informano la nostra civiltà, che riempiono le nostre democrazie, che danno senso e vigore alle nostre carte costituzionali. Come potremo domani dirci migliori di quelli che credono che nella violenza dei loro coltelli stia la soluzione dei confronti umani, se riteniamo che nella potenza delle nostre armi risieda la possibilità di soluzione dei rapporti fra le nazioni?

L’articolo 11 della nostra Carta fondamentale recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”. Ma non basta. I Costituenti erano persone che conoscevano il valore delle parole e sapevano che quel “come strumento di offesa” avrebbe potuto non essere sufficiente. Aggiunsero, pertanto, a quella frase una correlata: “e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionli”.

Lo fecero, perché sapevano che bombe, aerei, fucili e tutta la tecnologia bellica che sarebbe venuta e che nemmeno potevano immaginare, non sarebbero mai serviti a risolvere nessuna delle possibili  e future “controversie internazionali”. E non lo sapevano per sentito dire, ma per esperienza; quello è un monito, non un semplice comma.

Chissà come mai, però, di quel fondamento democratico e repubblicano che i governanti conoscono a memoria, essi scordino sempre le parti migliori e quelle più significative.

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