Rinuncio a capire (con poco dispiacere, peraltro)

M’era sembrato di capire che Enrico Letta, nei suoi primi passi da segretario del Pd, fra le cose su cui era intenzionato a seguire la linea del predecessore vi fosse di sicuro la conferma dell’alleanza col M5S, adesso guidato da Conte. Una decisione che non intendo qui giudicare, ma che prendevo, e prendo, per quello che è. Invece, evidentemente, avevo capito male.

Avevo evidentemente capito male perché il Pd di Letta, a due giorni dalla sua investitura, trova un nome forte per correre contro la ricandidatura di Virginia Raggi alle comunali capitoline. Ora, qualcuno potrebbe dire che il neo segretario dem parlava di politiche nazionali, non di elezioni amministrative, ma sarebbe come cambiar discorso. Le comunali di Roma, non di Moncenisio; amministrative, de che? Virginia Raggi è stata il simbolo del M5S vincente molto più di tanti suoi colleghi e compagni di partito. Eppure, al momento del praticare la presente e futura alleanza predicata, dal Nazareno candidano un uomo di peso come l’ex ministro Roberto Gualtieri, uno che con Conte e i cinquestelle ha lavorato da vicino per oltre un anno e che ora si prepara a sfidarli sul più importante terreno in cui si dimostrarono forza capace di salire i gradini del potere e del governo.   

Per chiarire: non mi faccio cruccio alcuno che dem e grillini si separino. Anzi, m’interessava davvero poco anche che si fossero uniti, nel nome dell’imprescindibile Conte che da entrambi i lati è stato giubilato in un batter d’ali (di drago, ovviamente). M’interrogo solo sulle mie categorie interpretative nello svolgersi delle attuali fasi politiche, della loro validità ed efficacia, visto che il minuto successivo nel corso degli eventi ogni volta mi sorprende, sulla base di quanto pensavo d’aver colto in quello precedente.

E anche di questo, ammetto, mi dispiaccio poco.

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