Il rischio d’esser fraintesi

Salvini andrà a processo per l’ipotesi di reato di sequestro di persona relativamente al caso della nave Gregoretti, imbarcazione della Guardia Costiera italiana a cui fu impedito di attraccare in porto con i suoi 131 passeggeri a bordo salvati da un naufragio. La giustizia, come si dice in questi casi, faccia il suo corso e si lascino i giudici giudicare. Su questo spazio non si parla frequentemente di questioni legali o giudiziarie e non lo farò nemmeno stavolta. Si parla spesso, qui e invece, di politica, ed è di quella che anche adesso voglio parlare. Persino a rischio d’esser frainteso.

Perché, chiariamoci, a me, che Salvini vada sotto processo o meno, interessa poco. Mi preoccupa che sia stato ministro e che possa ritornare a esserlo, questo sì, e che abbia perpetuato, e possa ancora farlo in futuro, atti umanamente e moralmente inaccettabili, come lasciare in balìa delle onde bambini, donne e uomini disperati, solo per uno squallido calcolo elettoralistico, e che i provvedimenti crudeli che ha proposto e fatto votare al parlamento siano ancora tutti lì. Sui fatti, se i magistrati hanno chiesto l’autorizzazione per procedere nei suoi confronti avranno avuto le loro buone ragioni: opportuno, quindi, che sia stata concessa. Quello che non capisco, e temo non solo io, è perché adesso sarebbe diverso da prima. Perché, cioè, la medesima aula che negò il processo per Salvini in relazione ai fatti della nave Diciotti un anno fa, lo abbia concesso ora, e viceversa. Non era forse pure questo un presunto reato della stessa natura di quello contestato in relazione alla Gregoretti? Nemmeno nella natura di navigli di Stato le due imbarcazioni differiscono, perché due diverse risposte? Cos’è cambiato? Il rischio, a proposito di fraintendimenti, è che si legga nel mutato orientamento di giudizio dei senatori semplicemente la conseguenza della mutata situazione del senatore in questione, prima parte della maggioranza e ora no. Di più: considerato che a esser diverso, in fondo, è stato il voto di un solo partito, per giunta quello di maggioranza relativa, lo scenario potrebbe risultare ancora più antipatico.

No, non sto dicendo che Salvini andava tutelato dall’azione della magistratura; come ho scritto, ’sti cazzi (scusate la ricercatezza) delle sue sorti. Sto dicendo, però, che non può funzionare il sistema per cui, per un’identica ipotesi di reato (una stessa persona, in questo caso, o persone diverse, non cambia la sostanza del ragionamento) si possa essere assolti o condannati solo perché una volta parte della maggioranza e l’altra dell’opposizione.

Perché, per quanto cerchi di capire fino in fondo le differenze fra un caso e l’altro che abbiano potuto spingere i senatori grillini a votare ora in un modo, allora all’opposto (gli altri parlamentari, grosso modo, han votato similmente in entrambi), l’unico che tutte le volte mi torna in mente è che prima lui era loro amico, adesso non più.

E non è un bello scenario, quello che se ne deduce.  

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