Scrive su Il Sole 24 Ore di ieri, mercoledì 5 giungo, Nicol Degli Innocenti che Trump ha promesso «un accordo commerciale fenomenale» tra Gran Bretagna e Usa, non appena quest’ultima sia uscita dall’Ue, ovviamente. Nei fatti, lo sgraziato affarista, tra una pacca sulla spalla e un insulto, ha spiegato agli inglesi qual è la sua visione del mondo, la sua via per il futuro: fare dell’Inghilterra, in sostanza, il cinquantunesimo stato dell’Unione.
No, non credo sia un’esagerazione la mia. Il presidente degli Stati Uniti ha fatto capire senza girarci troppo intorno che, fuori dall’Europa, per la Gran Bretagna si apre solamente una prospettiva americana – che poi era ciò a cui alludeva subito dopo la guerra lo stesso Churchill, pur se dubito che Trump ne abbia mai approfondito il pensiero. Prospettiva nella quale, ovviamente, saranno gli Usa a dare le carte e dettare le regole del gioco. Al Regno Unito rimarrà la possibilità di cercare di vendere ai partner d’oltreatlantico una quota (difficilmente, infatti, le imprese di sua maestà potranno trasferire sugli States tutti gli oltre 250 miliardi di sterline di export che oggi hanno verso l’Ue) di quelle produzioni che non sapranno più come far circolare nel mercato continentale. E la libertà di farsi piacere il manzo agli ormoni e il pollo al cloro, off course.
In tutto questo, però, un lato positivo c’è. L’aperto pragmatismo dell’uomo dal ciuffo color spavento ci dice di quella che potrà essere la sorte degli Stati d’Europa singolarmente considerati: prede da conquistare con seduzioni finto-imperialistiche o con denaro sonante su progetti megalomani per giganti come Usa, Cina e un po’ anche Russia, incapaci, da soli, non dico di opporre resistenza alle dolci o amare conquiste, ma nemmeno di trattare la resa da posizioni, economicamente e strategicamente, degne di impensierire un po’ il potenziale, più grosso, contraente.
E il tutto, ça va sans dire, in nome di una ritrovata «sovranità nazionale».