The reports of her death are greatly exaggerated (I think)

«Siamo credibili», scrive Timothy Garton Ash in un articolo tradotto per La Repubblica in edicola lo scorso 14 maggio da Emilia Benghi, «solo se ammettiamo che l’Unione Europea sta attraversando una crisi esistenziale ed è sotto attacco dall’interno e dall’esterno. Sta pagando il prezzo dei passati successi che fanno dare per scontati i risultati ottenuti e dei suoi errori di un tempo, molti dei quali hanno come caratteristica comune la supremazia liberale. In una prospettiva storica di lungo periodo questa è la migliore Europa che abbiamo mai avuto. La maggioranza degli europei vive in democrazie liberali impegnate a superare le divergenze restando in riunione tutta la notte a Bruxelles, senza ricorrere ad azioni unilaterali e tanto meno alle forze armate. Questa Unione Europea non è un Paese e non lo diventerà nel prossimo futuro, ma è ben di più di una semplice organizzazione internazionale. Da cittadino di uno stato membro della Ue ti puoi svegliare un venerdì mattina, decidere di prendere un volo per l’altro capo del continente, stabilirti, studiare o vivere là godendo dei diritti di cittadino europeo all’interno di un’unica comunità giuridica, economica e politica. Tutto questo, come la salute, si apprezza di più quando si è sul punto di perderlo. È proprio questo il rischio più grande: bisogna davvero perdere tutto per ritrovarlo? Nato nel fitto della barbarie europea più di settant’anni fa, portato alla crisi da una hybris frutto del trionfo liberale di trent’anni fa, il progetto di un’Europa migliore deve proprio cadere in basso, prima che le persone si mobilitino per riportarlo in alto?».

Questa lunga citazione mi ha riportato alla memoria (non per i temi, ma per il tono e la prospettiva di fondo) un articolo di Benedetto Croce su La Critica, nel 1920 (volume 18 di quella rivista dallo stesso filosofo partenopeo diretta), dedicato al successo che in quegli anni stava avendo un libro per lui impensabile, come Der Untergang des Abendlandes. Umrisse einer Morphologie der Weltgeschichte di Oswald Spengler. Un saggio la cui fortuna, per Croce, non poteva «non impensierire gravemente coloro che hanno a cuore le sorti del lavoro scientifico», in quanto il suo autore, nel momento di scriverle, «ignora affatto le questioni che sommuove, e le sue idee non meno che la sua erudizione sono da dilettante […]. E poiché ignora la storia delle questioni, anche a lui accade di immaginare, ad ogni sgangherata combinazione di concetti che egli esegua o ad ogni mezza verità che gli baleni nel cervello, di aver compiuto scoperte mirabili, che sconvolgono la scienza generalmente ammessa: l’incauto asserire dello pseudoscienziato va così a braccetto con la più audace sicurezza e vanteria di sé medesimo». Ora, non tanto nella perfetta descrizione dell’approccio spengleriano ai problemi concettuali, che tanto ricorda i moderni complottismi spacciati per scienza, le parole di Croce mi sono state ricordate da quelle di Ash per la conclusione di quell’articolo d’un secolo fa: «Il signor Spengler consiglia di acconciarsi all’imperialismo-socialismo, e poi al dispotismo, e via dicendo, perché ormai siamo alla vecchiaia dell’Europa, e il vecchio deve vivere da vecchio. Ma neppure il vecchio ascolta, nelle cose dello spirito, questi vili consigli, e continua a pensare e ad operare, fino all’estremo anelito […]. Figuriamoci se li debbono ascoltare le società umane, la cui giovinezza e la vecchiaia sono soltanto metaforiche! […] E il signor Spengler dimentica che gli “europei” (dei quali si prende ora a fare strazio) sono uomini, e che serbano perciò molte “sorprese” a coloro che pensano meccanicamente come lui».

Chissà che qualche sorpresa, questi europei, non la riservino pure a quelli che pensano, meccanicamente, che visti i successi dei vari nazionalismi in alcuni Stati e date le forze in campo nello scacchiere mondiale, dagli Usa alla Russia, passando per la Cina, l’Ue è ormai morta e sepolta, e che tanto vale rassegnarsi e acconciarsi alla rinuncia di ogni idea democratica, liberale e solidale, votandosi in tutto e convintamente al culto delle autocrazie e degli uomini forti al comando di nazioni, dietro di questi, compatte e omogenee.

O almeno è quello che penso.

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