Anche il latifondo era proprietà privata

«È caduto Novello sulla strada all’alba,/ a quel punto si domina la campagna,/ a quell’ora si è padroni del tempo che viene/ […]. Cammina il paese tra le nubi, cammina/ sulla strada dove un uomo si è piantato al timone,/ all’alba quando rimonta sui rami/ la foglia perenne in primavera». Il Novello di cui parlano questi versi di Rocco Scotellaro, disegnandolo come nocchiero in un mare senza onde, è Giuseppe, ucciso a Montescaglioso durante le lotte per la terra.

Nel dicembre del 1949, nel centro materano, i contadini occuparono le terre demaniali. Ne nacquero scontri con la forza pubblica inviata a sgomberare i campi e sedare le azioni dei rivoltosi e, come detto, ci scapparono i feriti e il morto. A Montescaglioso, per portar solidarietà ai contadini, arrivò Giorgio Amendola, parlamentare comunista, e non mancò la voce sempre al fianco dei cafoni, quella di Giuseppe Di Vittorio e del suo sindacato. In quegli anni, le terre incolte, del demanio, come nel caso di Montescaglioso, o dei latifondi padronali, come in altre aree della Basilicata e del Mezzogiorno, venivano occupate con il sostegno e l’organizzazione del Pci e della Cgil, cercando, in quel modo, di realizzare l’idea-motto «la terra a chi la lavora». Ve la immaginate, oggi, una lotta per dare «la casa a chi la abita»? Che farebbero gli eredi di quelle forze che all’epoca non fecero mancare il loro sostegno? In cosa era diverso il latifondo di allora dalle proprietà immobiliari tenute vuote per ragioni speculative oggi?

Le terre demaniali di Montescaglioso non erano differenti dai tanti palazzi pubblici vuoti che la dura mano di una certa sinistra riscopertasi law and order sgombera da associazioni e collettivi. Il latifondo dei Doria-Pamphili, dei Berlingeri, dei Gattini, non è sostanzialmente diverso dagli edifici dei vari fondi immobiliari, tipo quello che avevano occupato a Roma, prima di esserne cacciati, i profughi eritrei. Anzi, si potrebbe persino dire che quel retaggio agrario del feudalesimo avesse ricadute sociale e comunitarie migliori che non un immobile di dieci piani preda dell’eco nel centro di una città odierna. E di certo, quelli che occupavano al tempo non erano più disperati e deboli di molti, se non tutti, quelli che vagano nel nostro presente per un mondo che non li vuole e fa di tutto per dimostrarglielo.

Per venire alla domanda: pure i latifondi erano proprietà privata, da che parte stareste stati?

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1 risposta a Anche il latifondo era proprietà privata

  1. Italiote scrive:

    «La stima del valore del patrimonio immobiliare gestito dal sistema previdenziale italiano, pubblico e privato, ammonta a 23,4 miliardi di Euro con una incidenza media, rispetto al patrimonio complessivamente posseduto, pari al 21,25%. Gli investimenti immobiliari diretti ammontano a circa 18,8 miliardi di Euro (che costituiscono il 17,05% del patrimonio complessivo), a fronte di 4,6 miliardi investiti in fondi di investimento immobiliare (corrispondenti al 4,2% dell’asset allocation totale).» — Rapporto sull’Investimento Immobiliare nel Settore Previdenziale Italiano 2012

    PS: Anche Abraham Jay-Jebediah Simpson II potrebbe essere “latifondista” e non per questo avere lo stesso livello di reddito di Charles Montgomery Burns.

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