«Chi non muore si risiede». Pare che con questa frase Marcello Marchesi incasellò il divo Giulio Andreotti. E pensare che lo scrittore e registra morì nel ’78; chissà quante volte avrebbe avuto occasioni di riconfermarla nel corso del tempo. Un po’, in dodicesimi, potremmo usarla pure oggi, a guardare come quelli che chiedevano l’abolizione del Cnel si vadano tranquillamente ad accomodarsi nelle sue remunerate poltrone, dagli esponenti della Confindustria a quelli della Coldiretti, strenuamente schierate a difesa delle idee costituenti renziane.
E potrebbe valere anche per quelli che, giudicando il Senato inutile, al punto di chiederne l’abolizione o la trasformazione in un dopolavoro per consiglieri regionali, alla fine vi si candideranno (o ri-candideranno, perché lo giudicavano superfluo nel mentre sedevano sui suoi scranni godendone le relative prebende, e tappezzavano i muri del Paese con manifesti che promettevano di tagliare quei costi di quella politica che loro stessi rappresentano, e in questo, debbo ammettere, non con tutti i torti), dimostrando che, in fondo, sono tutti epigoni e discepoli del povero Cicchitto, raccontato nella tensione del cercar sopravvivenza alla fine della sinistra lombardiana socialista. Ma noi che non siam perfidi come Montanelli, a lui e a loro auguriamo fortuna e successo, tipo quello avuto fin qui.
Ora, voi potreste dirmi che, insomma, se quella camera è rimasta in piedi, è ovvio che i partiti cerchino di mandarci i propri esponenti. E questo chi lo mette in discussione? Quello che mi chiedo è una cosa diversa. Per quasi due anni, stuoli di politici e nugoli di politicanti hanno riempito sale per conferenze, tv, giornali con le loro opinioni sulla necessità di superare il Senato. Bene, se le stesse donne e i medesimi uomini adesso si candidano a farne parte, non è evidenziabile una netta contraddizione su base personale, tale da far dubitare della loro convinzione precedente e, di conseguenza, delle parole che oggi o in futuro potrebbero dire? Parlo di coerenza? No, al massimo, di consequenzialità.
Roba inutile, lo ammetto.