«Le colpe dei padri sono i figli». Così in un vecchio disegno di Altan causticamente venivano commentate le discendenze famose, dai rampolli dell’ultima casa regnante d’Italia fino al figlio Giorgio dell’assai più capace padre Ugo La Malfa. Perfidamente, non c’è che dire, ma non lontano dalla realtà. Se ci pensiamo un attimo, nel come si formano le nuove generazioni vengono alla luce anche i difetti delle precedenti e i risultati che si hanno non possono essere del tutto scollegati dagli errori che fanno gli educatori.
Ecco, quelle parole del grande vignettista mi sono tornate in mente negli scontri che vedono opposti Orfini e Napolitano, nelle repliche piccate di Bersani allo stesso presidente del Pd o nelle battute al vetriolo di D’Alema verso quel suo ormai ex rampollo, con tanto di suggestioni poetiche. Ora, non per difendere Orfini, ma se lui è lì per quello che è, qualche domanda i vari Napolitano, Bersani e D’Alema dovrebbero farsela, non credete? Perché è la loro idea e le loro pratiche di selezione della classe dirigente che ha dato i risultati che abbiamo in quel campo della politica. Insomma, li volevate proprio così come sono i giovani da promuovere e fare crescere, e proprio così com’erano li avete scelti, curati e favoriti. Su quelli avete puntato i vostri progetti e di questi vi siete circondati: adesso, lo spettacolo che va in scena è quanto san fare gli attori che avete preparato. E, citando io il Leopardi apprezzato dal vecchio leone della sinistra nostrana, «non so se il riso o la pietà prevale».
Ora, sinceramente, le dispute fra quei padri e figli politici interessano giusto per il tempo che intercorre tra una pedalata e l’altra di un ciclista al Giro, e infatti ne parlo oggi proprio perché gli aspiranti alla maglia rosa riposano. Però è comunque sempre un esercizio divertente quello di misurare quanto i primi somiglino ai secondi, seppur gli uni continuamente rinneghino gli altri e viceversa.
Divertente, oddio; curioso, diciamo.
I D’Alema- Bersani – Napolitano non si chiedevano proprio come li volevano “i loro figli”, i rampolli, la nuova classe dirigente: li volevano che vincessero, che vincessero subito, ad ogni costo, con qualunque mezzuccio. Avevano già loro perso la bussola, l’orientamento circa cosa e chi dovevano rappresentare.
Li metterei tutti insieme, padri e figli , forse i primi con qualche porzione di cultura in più quindi – a mio parere – perfino più colpevoli proprio perché “navigati”.
Tutti insieme li manderei a casa e zitti.