Cuperlo ha ragione. Ma a volte le parole giuste non bastano

Ammetto di non avere la levatura culturale di Fianola finezza di ragionamento di Sallusti, ma non riesco davvero a capire come possa essere accusato di «sciacallaggio» uno che dica, semplicemente, rispetto a un ministro indagato che lui, al posto dell’altro, avrebbe riflettuto e considerato l’eventualità di lasciare l’incarico per potersi meglio difendere e tutelare l’esecutivo in cui siede e il partito del quale è dirigente.

Perché questo è quello che Cuperlo su Lotti ha detto. Non «Lotti si deve dimettere», ma, grosso modo testualmente, «io non chiedo le dimissioni di nessuno, io dico, parlo per me, che al posto del ministro Lotti, convinto della mia estraneità a quei fatti, anche per togliere dall’imbarazzo il governo di cui faccio parte, io un passo di lato lo farei, io un passo indietro lo farei». Siccome so che è una persona per bene, non ho difficoltà a credere in quello che dice. E apprezzo pure le sue parole quando spiega: «è troppi anni oramai che in questo Paese la formula di rito in questi casi della classe politica, della classe dirigente, è “non ci sono rilievi penalmente significativi, la magistratura verifichi, accerti e noi terremo conto di quelle che saranno le conclusioni”. Ma la politica, la dimensione della politica, la classe dirigente ha una responsabilità che va al di là del rilievo penale delle vicende». Perfetto. Più che le accuse a vanvera che gli sono state rivolte anche, se non soprattutto, dai suoi compagni di partito, a Cuperlo, con la sua stessa pacatezza, proverei a chiedere invece se non sia attraverso quella curiosa idea di “responsabilità” che spesso contraddice le belle frasi che si cementifica e si giustifica quell’atteggiamento della classe politica che egli stesso stigmatizza, in definitiva mai agendo in modo che quel principio abbia delle conseguenze.

Insomma, come fu per la Cancellieri, ne avrà di certo memoria Cuperlo, quando lui come altri parlavano di «questione di opportunità politica» sufficiente a chiederle quello stesso passo indietro o di lato, di cui oggi parla, ma che, per ragioni di praticabilità governativa, non pretesero come sarebbe stato logico e consequenziale ipotizzare. E come, in definitiva, sarà per Lotti: lui non farà il passo di lato, o indietro, e la sua parte non glielo imporrà.

Così, gli altri penseranno, da continuare a vivere tutti insieme, felici e contenti.

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