Piccola questione inutile

«Sei andato a votare alle primarie?», chiedo in chat a un amico romano. «No, avevo votato per Marino alle precedenti», la laconica ed esaustiva sua risposta. Se ci pensate, la spiegazione è tutta lì, al di là di quelli che parlano di “crollo della partecipazione”, dato che in contesti differenti, penso a Napoli (con casi, spero sporadici, in cui di quell’aumento ’l modo ancor m’offende), così non è stato, o di chi, come il presidente del Pd, dice che la volta precedente s’era messa in moto la macchina «delle truppe cammellate di quelli che sono stati arrestati, delle file di rom e quant’altro», dando esplicitamente ragione a quanti criticavano la serietà di quelle consultazioni e di chi le aveva organizzate, gli stessi di ora, giusto per dire.

Credo, infatti, che l’aver solamente dimezzato il numero dei partecipanti alle primarie rispetto a quelli per le comunali del 2013 sia sostanzialmente un discreto risultato per chi le ha decise e volute. Per quello che c’è stato, da “Mafia Capitale” a scendere, e per come è stato rispettato l’esito delle precedenti. Dico, perdere solo la metà di quegli elettori a cui si era chiesto di mettersi in coda ai gazebo per scegliere il candidato sindaco che poi lo stesso partito che doveva sostenerlo in Consiglio comunale ha sostituito in uno studio notarile non è cosa da poco; in senso positivo, intendo.

Sinceramente, mi stupisco, sebbene faccia sempre piacere scoprire che c’è voglia di partecipazione, che ci sia ancora chi si fida al punto da fare la fila, dare due euro, scegliere un nome su una scheda, sapendo che chi glielo propone non avrebbe alcuna remora, e non ne ha avute, a cambiarlo appena cambi il vento o le dinamiche delle logiche dominanti, oppure solo i nomi e le facce di quelli che si ritrovano a dover decidere.

E guardate che quello che è successo a Roma con Marino non è affatto una novità. Ricordate le ultime primarie per le politiche? Sì, quelle in cui abbiamo scelto Bersani, votato per la coalizione “Italia, bene comune” e sottoscritto, con certosina maniacalità, una carta dei valori in cui si diceva che, una volta al governo, si sarebbero fatte alcune cose e non altre. E ricordate pure come è andata a finire?

So che state pensando: “dopo aver ‘non vinto’ le elezioni, non c’erano alternative”. Giusto? Più o meno. Perché le primarie sono un patto fra un partito e i suoi elettori e militanti, nel quale il primo dice che, se toccherà a lui decidere, quello scelto con tale strumento sarà il titolato a ricoprire una certa carica e a fare determinate cose. Al Pd è toccato dover decidere? Sì, due volte. In entrambe ha indicato un proprio rappresentante al ruolo per cui si erano convocate le primarie, in nessuna è stato quello con queste individuato.

Ecco perché il mio amico, e altri, non ci sono più andati.

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1 risposta a Piccola questione inutile

  1. Fabrizio scrive:

    Le primarie , come i referundum, dovrebbero rappresentare la partecipazione civile e democratica della sovranita’ del popolo italiano.
    Ma come sempre nella nostra italianita’ quotidiana si parla “sempre”dopo il fatto accaduto e mai si fa qualcosa di concreto e corretto prima.
    Le primarie dovrebbero essere regolate come i referundum; sia dal punto di vista qualificativo e sia dal punto di vista quantitativo.

    p.s. continua……

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