M’era sembrato d’averlo già visto

Denis Verdini, dico. M’era sembrato d’averlo già visto, dalle parti del Pd a sostenerne con i voti dei suoi “le riforme che il Paese aspettava da settant’anni”, che tanto le date sono solo una roba noiosa, da gufi rosiconi e professoroni imbolsiti. Così, quando ho letto il post dell’ex capogruppo dem su Facebook, mi sono sinceramente stupito.

Scrive Roberto Speranza: «Verdini dice che vuole affiliarsi al Pd. Affiliarsi è una parola che non mi piace per nulla. Voglio ricordagli che il Pd è un partito. Non una loggia. Ad un partito ci si iscrive o con esso si fa un alleanza. E per il Pd credo che nessuna delle due cose sia auspicabile». Ora, a parte che se quell’alleanza non era auspicabile, bisognava pensarci prima, tipo almeno dai tempi del governo Letta, per intenderci, evocare quello «stantio odore di massoneria», come lo definiva Ferruccio De Bortoli, mi sembra roba forte. Soprattutto in un momento in cui alcuni nomi di quegli ambienti tornano prepotentemente a lambire le sfere vicine a quelle di governo.

Insomma, un dirigente tanto stimato da tutti i deputati del Pd al punto da farne il primo capogruppo in questa legislatura così agitata richiama di suo pugno spettri che pure un critico come me è spesso restio a nominare, per di più aggiungendo che per il suo partito non è auspicabile un’alleanza con un soggetto con il quale si sono già alleati. Roba da far impallidire le facezie di apprendisti comici alla prova da stregoni.

Per fortuna, volendo citare Ennio Flaiano dal suo Diario Notturno, «la situazione politica in Italia è grave ma non è seria».

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