I fatti e il tweet

A settembre, rispetto al mese precedente, gli occupati sono calati di 36 mila unità. Se togliamo vecchi e bambini e pensiamo solo a quelli in età lavorativa, trentaseimila persone sono l’equivalente di una città come Cuneo; immaginate che da oggi alla fine del mese nessuno in questa città avesse più un lavoro, e capirete meglio di quali dimensioni stiamo parlando. Eppure, nei Tg e sui giornali, il senso dei commenti all’ultima rilevazione Istat sull’andamento dell’occupazione era di sostanziale giubilo. Perché?

Per almeno due motivi, credo. Il primo, tecnico, è che siamo abituati a contare i “disoccupati”, che da noi non sono coloro che semplicemente non hanno un lavoro, ma quelli che percepiscono un sussidio, si iscrivono alle liste di collocamento, cercano attivamente lavoro. Gli altri, perché scoraggiati o perché si muovono diversamente, semplicemente non vengono rilevati nelle percentuali della disoccupazione: sono “inattivi”, si dice. Come spiega bene un articolo del sito Linkiesta, nel mese di settembre sono diminuiti sia gli occupati che i disoccupati, mentre sono significativamente aumentati quelli che un impiego han smesso di cercarlo. Eppure, il sentire nazionale è quello che Renzi ha raccolto nel suo usuale tweet: “Il Jobs Act funziona”.

Ora, a meno di non voler pensare che fosse proprio quello che con la riforma del lavoro il governo volesse fare, è chiaro che le cose non stanno come dice Renzi. Bastava incrociare il dato degli attivi e degli inattivi per capire che non era così, che i fatti non corrispondevano al tweet, ma quasi nessun commentatore ufficiale sugli organi di stampa o nelle tante tribune politiche lo ha fatto.

E in questo, penso, risieda e sia da ricercare il secondo motivo di quel giubilo. La realtà è complessa, e nessuno con essa vuole farci davvero i conti. Si preferisce la semplificazione, che se dà ragione alla propaganda e fa felice i governanti, è pure più facile da sostenere. Si chiamerebbe “conformismo”, se avessimo tempo, voglia e capacità di andare oltre i 140 caratteri che impone il padrone del vapore.

Se avessimo, appunto.

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2 risposte a I fatti e il tweet

  1. Fabrizio scrive:

    Il fatto che il nuovo commissario di Roma esordisca con frasi personalistiche come:
    – Ce l’ho fatta per Expo e ce la faro’ per Roma
    – Per Roma e’ una sfida, vedremo quello che riusciro’ a fare
    mi sembra in completa contraddizione alla “famosa”frase del Ns. Presidente Mattarella “non un uomo solo al comando”.

    Purtroppo nel nostro Paese va di moda il cosiddetto “artistic impression e comunication impression”

    La logica era di presentarsi e mettersi a disposizione in primis al popolo romano.
    Parlare in modo plurale!
    Essere chiamati non vuol dire essere e/o sentirsi orgogliosi ma onorati di poter aiutare i cittadini e la citta’ a raggiungere determinati obiettivi.

    Se il buon giorno si vede al mattino , si continua a vedere lo stesso mattino di fatti e di tweets!

  2. Fabrizio scrive:

    Il nostro Paese non ha bisogno di sfide,di scommesse,di competizioni!6

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