Finché c’è la salute

Sono circa 200 le prestazioni e gli accertamenti sanitari che finiranno sotto la scure della spending review messa in campo dal Governo. “Lotta agli esami inutili”, l’hanno chiamata, dimenticando di dire che tutt’al più un esame lo si scopre inutile dopo averlo fatto, non prima, e che non facendolo, magari, si rischia di non scoprire o capire una patologia. Ma alla fine, #chisseneimporta, con l’hashtag, come è uso dei tempi moderni: tanto, al massimo è un problema dei poveri.

E sì, perché quella limitazione alle analisi non colpirà di certo i più abbienti, che, se non possono averle dal pubblico, quelle prestazioni le otterranno dai privati o a pagamento. Chi non potrà rivolgersi ad altre strutture, beh, insomma, #ciaogufi e #cenefaremounaragione, no? Dopotutto, da qualche parte qualcuno doveva pur rinunciare a qualcosa per poter togliere le tasse sulle case dei ricchi. Nella più antica tradizione reazionaria, e poi dicono che questa classe dirigente disprezza i valori d’una volta, al momento di trovare il denaro, per dirla alla Petrolini, l’han cercato dov’era più facile prenderlo: “presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti”.

I medici hanno paventato la possibilità di scioperare, e già immagino i tweet delle falangi renziste pronte a invadere i social e i media di #soloinItalia #sindacatifrenatori #dottorirosiconi. Molti invocheranno un’altra legge renzianissima, tipo il decreto sul diritto di sciopero nei musei, e tutti saranno pronti alla pratica del “dagli allo specialista, che già guadagnano un botto di soldi, fanno le visite private e per questo chiedono gli esami alle strutture pubbliche”.

Finché c’è la salute e fino a quando quell’esame non sarà negato a loro direttamente, e resterà solo la rabbia serale e solitaria, al massimo sfogata nel dopocena, come falene attratte dai nuovi riflessi bluastri degli schermi a led, imprecando alla luna distratti dalla solita melassa dei programmi d’infotainment. Auguri.

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