Di gattini e altro cinismo

Le foto e i video di gattini e altri curiosi cuccioli intenti nelle attività più strane e comiche, popolano il web e i social ormai da tempo. Sembrano innocui passatempi, e tutto sommato lo sono, almeno fino a quando non vengono messi a confronto con l’altro fenomeno che popola gli stessi luoghi e non di rado i medesimi profili: un cinismo sprezzante e incurante per le sorti degli esseri umani.

Nei giorni in cui l’Organizzazione internazionale per le migrazioni informava il mondo che, nella sola primi metà del 2015, i morti nel Mediterraneo sono già stati 2.000, la rete si mobilitava per scoprire e perseguire l’uccisore di un leone, del quale si conosceva nome, colore degli occhi e spessore della criniera, mentre le donne, gli uomini e i bambini sepolti dalle onde erano semplicemente anonimi.

L’altro ieri, nelle primissime ore del pomeriggio, in una Roma quasi deserta e in un tragitto di appena 20 minuti in macchina, m’è capitato di contare almeno cinque signori, dal vestiario e dall’andamento tipico di quanti, abbandonati a sé stessi e senza altri modi per vivere, si trascinano da soli alla ricerca di qualcuno che li aiuti a trovare il modo per vivere, o solamente sopravvivere al giorno. Al tg della sera, ho ascoltato un accorato appello contro l’abbandono degli animali domestici, definito “crimine”.

Ho letto che a Bologna diverse associazioni animaliste si sono spese per chiedere agli esercenti, in questi giorni passati di grande caldo e afa, che venissero lasciate, e riempite periodicamente d’acqua, delle ciotole per cani al di fuori di negozi, bar e ristoranti. Un po’ di tempo fa, in non pochi hanno criticato il sindaco della stessa città per aver ridato l’acqua a delle famiglie a cui, essendo occupanti senza titolo di un immobile, una legge (trovate voi l’aggettivo) dello Stato imponeva di togliere.

Quanti esempi vi verrebbero in mente? Tantissimi, credo. Ecco, ma che roba è, se non la dimostrazione di un impazzimento collettivo, che fa del cinismo la prima malattia sociale del nostro tempo? Come può una società pensare a leggi per il benessere degli animali (e non sto dicendo che non siano giuste), e nello stesso tempo, prevederne altre per il respingimento (e non curandosi delle conseguenze, anche le più drammatiche) di esseri umani che chiedono solo un modo e un’opportunità per non morire e provare, pure loro, a vivere meglio.

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