Difendere la libertà limitandola?

Insomma, c’è un attacco alla libertà, dicono. Per questo motivo, infatti, ci si mobilita sulla rete e nelle piazze, per difenderla. E lo fanno anche in tanti, di diversi orientamenti e culture, e fanno bene, ovvio. Tutti dicono di essere Charlie, per rivendicare il diritto alla libera espressione, ed è giusto che sia così.

Quello che non capisco è perché alcuni chiedano la sospensione degli accordi di Schengen, quelli che garantiscono il libero circolamento dei cittadini dell’Unione Europea all’interno dei suoi confini. Perché, se è la libertà che difendiamo contro quegli attacchi, allora è un assoluto nonsenso limitarla noi stessi. È pure il Passenger Name Record, la registrazione e l’utilizzo dei dati dei viaggiatori aerei per poterne tracciare i movimenti, di senso non ne ha molto. Perché altrimenti l’attacco più profondo e sostanziale a quelle libertà che rivendichiamo come peculiari della nostra civiltà rischiamo di portarlo noi.

Ora, il pericolo del terrorismo è un problema serio e reale, come lo è l’attacco a quei diritti e quei princìpi su cui si fondano le nostre democrazie. Però non si può pensare che la soluzione a quel problema passi per la riduzione, la sospensione o la cancellazione di questi princìpi e di questi diritti.

Perché, se facessimo così, non dimostreremo in nessun modo di essere qualitativamente migliori di coloro che ci minacciano, ma al massimo quantitativamente più forti, e la differenza fra la forza e la violenza, non può essere solo nell’organizzazione delle pratiche e nell’efficacia delle azioni.

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