“Capitale corrotta, Nazione infetta” fu il titolo della prima grande inchiesta, iniziata nel dicembre del 1955 con un articolo di Manlio Cancogni, scrittore e celebre giornalista delle più importanti testate italiane, de l’Espresso incentrata sul sacco edilizio nella Roma degli anni Cinquanta.
Oggi, quel titolo è ancora attuale, e forse lo è di più. La Capitale si scopre corrotta del peggiore dei mali per una società: la commistione fra lo Stato, i suoi gangli vitali e operativi, e la mafia, nelle sue diverse e sofisticate implicazioni. La Nazione si rivela infetta, anzi, pienamente contagiata e ammalata da questo morbo, dalla Lombardia in cui la ‘ndrangheta scambiava voti con favori per eleggere consiglieri da spingere al governo regionale e di importanti comuni, alla Campania dell’infinita teoria di comuni sciolti per infiltrazioni della camorra.
Nel mezzo, c’è un ex inquilino del Campidoglio e già ministro, Alemanno, indagato per associazione con la criminalità organizzata, come prima c’era stato Scajola, che in passato ha guidato il Viminale, e l’inchiesta sui suoi contatti con la malavita. E ora si apprende che politica e delinquenza non collaboravano solamente nei campi soliti, lavori pubblici e rifiuti, per esempio, ma anche sulla gestione della sistemazione dei profughi e sulla gestione dei campi Rom, e nell’inchiesta ci finisce pure l’attuale assessore alla casa della giunta Marino, Daniele Ozzino, la stessa casa, gli stessi profughi e gli stessi campi Rom che, strumentalmente, diventano emergenze per incendiare le periferie: farsi domande è ormai superfluo, dato che le risposte, senza bisogno di circostanziarle, le conosciamo tutte.
La sensazione non è quella di trovarsi al cospetto di una cupola, ma sotto una cappa: asfissiante, putrida, letale. La terra di mezzo, come la definiva uno degli arrestati e come è stata chiamata l’intera operazione di polizia, in cui si muovevano il terrorista nero e l’assessore del Pd, l’esponente di An e il capo clan, tutti impegnati a pattarsi gestioni, proventi, soldi.
Poi ti chiedi da dove nascano il populismo, la sfiducia, l’astensione.