Ieri, a Terni, è successa una cosa ai limiti del paranormale: 537 donne e uomini inesistenti, fantasmi potremmo dire, hanno ricevuto da un luogo irreale, quasi dall’oltretomba, una lettera che annuncia cose di cui non si capisce la praticabilità, impossibili.
In Italia, infatti, appena uno accenna alla parola “operaio” o “fabbrica” subito partono voci comuni e diffuse che spiegano che “quelle sono cose del secolo scorso, gli operai e le fabbriche non esistono più”. Per non dire di cosa succede se uno accenna al termine “padrone” e alla paura che alcuni hanno del “licenziamento”: “non ci sono più i padroni, e licenziare qui da noi è praticamente impossibile”.
Su questo apparato retorico che disegna uno scenario ideologico molto pervasivo e capace di accomunare nella propria visione politici e commentatori, analisti e cittadini di destra e di sinistra, credo anche qualche operaio, di sicuro tutti i padroni, si fonda il senso comune attuale. Quando, per fare un esempio, il leader del sindacato dei lavoratori metalmeccanici ha detto nei giorni scorsi che, contro il ricatto continuo e la comprensione dei salari e dei diritti, loro sarebbero pronti “a occupare le fabbriche”, è stato duramente criticato per i toni (anche da quanti plaudono a chi invoca ed evoca la necessità di un “cambiamento violento”) e ridicolizzato con battute del tipo: “a trovarle le fabbriche, e pure gli operai con cui occuparle”.
Così, appena ho letto che la ThyssenKrupp di Terni ha inviato 537 lettere ad altrettanti lavoratori per comunicarne il licenziamento, ho pensato che fosse il trailer di un film di fantascienza. E dev’essere quello, perché altrimenti dovremmo smontare tutta l’architettura su cui regge l’ermeneutica parolaia dei tempi presenti.
Dovremmo dire, se quella lettera non fosse paradossale, come assurda la probabilità del mittente e impossibile l’esistenza dei destinatari, che gli operai ancora esistono e che possono tuttora essere licenziati dai padroni. Ovviamente, una follia, come lo sarebbe stato affermare che la sfericità della Terra prima della scoperta dell’America; solo una minoranza avrebbe potuto dirlo, perché la maggioranza, la stragrande maggioranza, era convinta del contrario.
Il fatto è, però, che la Terra era rotonda anche quando i più la credevano piatta. E che le ombre sul fondo della caverna, non sono la realtà, anche se, costretti in catene a poter guardare solo quelle, spesso ce ne convinciamo. Gli operai esistono ancora, come esistono i padroni e le fabbriche. Ed esiste ancora il lavoro sottopagato e sfruttato, l’assenza di diritti e tutele, le malattie professionali e le morti sul lavoro. E quel nome della fabbrica di Terni, ThyssenKrupp, qualcosa dovrebbe ricordarcelo, no?
Come ancora esistono gli studenti a cui saranno tagliate le borse di studio perché si deve bloccare il loro futuro per sbloccare l’Italia, altrimenti, ditemi chi erano quei ragazzi in piazza ieri. Esistono ancora quelli che si arrendono all’impossibilità di trovare un lavoro purchessia e se ne vanno, non avremmo, se no, quei dati di migrazione. Esistono ancora i poveri, oppure sono solamente comparse cinematografiche quelli che si mettono in fila davanti alle mense della Caritas.
E se esistono ancora, ma il termometro che stiamo consultando da trent’anni continua a non segnare il crescere di quella febbre, non potrebbe essere il caso che sia arrivato il momento di buttarlo via e cercarne un altro?