Non dimentichiamocene

Nemmeno il 15 di agosto. Dico, non dimentichiamoci di quello che siamo stati, e che in parte siamo ancora, in queste stagioni in cui, viaggiatori per turismo non più per disperazione, guardiamo spevantati di perdere le nostre comodità altri disperati arrivare.

Non tante parole, solo una citazione, dall’ultimo libro di Enrico Deaglio, Storia vera e terribile tra Sicilia e America, sui fatti e il contesto che portarono al linciaggio a sfondo razziale di cinque italiani nella contea di Tallulah, Luisiana, nel 1899, dopo quella Guerra di secessione americana che la versione dei vincitori vuole affrancatrice dalla barbarie dello schiavismo. In un brano in cui descrive le differenze fra quanto accadeva nel nord e nel sud Italia alla fine del diciannovesimo secolo, scrive: “Forse una cosa sola accomunava gli italiani, allora: la disperazione, che spingeva milioni di persone ad imbarcarsi per il Mondo Nuovo. L’Italia povera, l’Italia sconfitta dalle politiche della monarchia, quella della pellagrosa del nord, così come le moltitudini sconosciute della Calabria, della Sicilia, della Sardegna, saliva sui bastimenti per ricostruire se stessa in Argentina, Brasile e negli Stati Uniti d’America. I prefetti e i preti incoraggiavano l’emigrazione, spesso la istigavano. Meno rivolte in patria, meno bocche da sfamare. La burocrazia statale conteggiava con orgoglio la quantità delle rimesse per le famiglie rimaste a casa. L’Italia scopriva il proprio, particolare, modello di sviluppo”.

Un modello così radicato che un’enciclopedia geografica della Garzanti, ancora nella prima metà degli anni settanta, nella voce dedicata alla Basilicata e non senza sottolinearne il paradosso, recitava: “l’emigrazione è una delle principali risorse economiche”.

Emigranti, come il mio bisnonno, che il 21 novembre del primo anno del Novecento, sedici mesi appena dopo il linciaggio di Tallulah, veniva registrato a Ellis Island, sbarcato da uno di quei bastimenti (l’Aller, del Lloyd Germanico, salpato da Napoli e che tanto impressionò l’allora corrispondente da New York del Giornale d’Italia per i maltrattamenti subiti dai migranti, fino a sortire addirittura – e all’epoca i signori non erano soliti muoversi per i cafoni – un’interrogazione del deputato Luigi Morandi al ministro della Marina, nel dicembre del 1901) con cui un pezzo del paese vivente abbandonò quella che una retorica interessata e padronale pomposamente chiamava “Patria”.

O mio nonno, in Svizzera nel secondo dopoguerra, a far mattoni per le case dei ricchi, lui che per riparo dalle stelle in quella terra aveva solamente il tetto d’una baracca. E se consideriamo anche la migrazione interna, a quella lunga teoria familiare non mi sono sottratto nemmeno io, in questo nuovo millennio che tante cose non ha cambiato.

Buon Ferragosto, dunque, e buona memoria.

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4 risposte a Non dimentichiamocene

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  2. Raffaele scrive:

    Già. Mi trovo in vacanza in un piccolo paese dell’Appennino . D’inverno, solo due abitanti. Ora, ho contato almeno 75 bambini, con le loro famiglie ed i nonni. Sono i nipoti di coloro che emigrarono in Francia per poter sopravvivere. Raccontano di una nonna che, non avendo nulla, parti’ a piedi ed arrivo’ stremata a Parigi.
    Per non dimenticare. L’oblio favorisce l’ignoranza e l’ignoranza impedisce di poter scegliere con cognizione. Toglie carburante alla mente. Grazie.

  3. giuseppe scrive:

    ma Salvini dice che la cosa è diversa perchè questi sono “negri”. Poi i nostri in quel tempo sapevano sì e no leggere e scrivere ed invece questi sanno per lo meno anche l’inglese e molti hanno fatto studi avanzati . Ha ragione Salvini : se sono tanto bravi, che vadano a lavorare !! Semplice no ?…………… A quelli che non vogliono farsi riconoscere, fai un riconoscimento d’ufficio con un nome imposto . Semplice no ?………… I battelli che si affondano ? Imporgli un collaudo tecnico. Anzi, possiamo noleggiarglieli noi di affidabili , così almeno rientriamo da un po’ di spese . Semplice no ?…………………

  4. giuseppe scrive:

    ma Salvini dice che la cosa è diversa perchè questi sono “negri”. Poi i nostri in quel tempo sapevano sì e no leggere e scrivere ed invece questi sanno per lo meno anche l’inglese e molti hanno fatto studi avanzati . Ha ragione Salvini : se sono tanto bravi, che vadano a lavorare !! Semplice no ?…………… A quelli che non vogliono farsi registrare , fai un riconoscimento d’ufficio con un nome imposto . Semplice no ?………… I battelli che si affondano ? Imporgli un collaudo tecnico. Anzi, possiamo noleggiarglieli noi di affidabili , così almeno rientriamo da un po’ di spese . Semplice no ?…………………

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