Frontiere a pagamento

«Now Jonah’s Captain, shipmates, was one whose discernment detects crime in any, but whose cupidity exposes it only in the penniless. In this world, shipmates, sin that pays its way can travel freely, and without a passport; whereas Virtue, if a pauper, is stopped at all frontiers».

Nella traduzione di Cesare Pavese:

«Ora, compagni, il capitano di Giona era uno di quegli uomini sagaci che capiscono subito se uno è colpevole ma per la loro cupidigia denunciano solo i poveri. Su questa terra, compagni, il peccato che paga può andare in ogni luogo e senza passaporti, mentre la Virtù, se è povera, viene fermate a tutte le frontiere!» (H. Melville, Moby Dick, Adelphi, 1987, p. 78).

Quelle parole, Herman Melville le mette nel sermone di Padre Mapple che, la domenica prima di raggiungere Nantucket da cui salperà a bordo del Pequod, Ismaele ascolta nella Cappella del Baleniere di New Bedford. Come tanti altri classici, Moby Dick è uno spaccato sul mondo. E in quanto tale, spaccato sul mondo e classico, molte delle cose che dice sono valide al di là dei tempi e oltre i luoghi. Così, oggi come ieri, la miseria, persino se virtuoso è chi la porta, è fermata a tutte le dogane, mentre la ricchezza, anche se frutto del peccato e del delitto, ha libero accesso in ogni dove. La prova? Ieri Trump, il campione del respingimento dei poveri alle sue frontiere, indipendentemente dai loro demeriti, ha presentato la sua gold card per la residenza negli Usa: 5 milioni di euro e si ottiene il visto permanente e il percorso facilitato verso la cittadinanza. Faranno accurate indagini sull’origine delle ricchezze di chi paga? Pecunia non olet, potrebbe postare The Donald, se mai conoscesse il latino.

È il sogno americano a infrangersi sulle politiche del tycoon alla Casa Bianca, probabilmente lo stesso dei suoi nonni, tutti e quattro nati in Europa ed emigrati in America, situazione che farebbe di lui appena un immigrato di terza generazione (e forse neppure cittadino statunitense, senza quello ius soli che fece di suo padre un americano e che lui vorrebbe togliere per altri), se qualcuno avesse voglia di fargli i conti nell’albero genealogico.

D’altronde, non è una novità; negli States, gli investitori danarosi, attraverso il programma EB-5, potevano ottenere la Green card semplicemente investendo un milione di euro in alcuni fondi per lo sviluppo gestiti dal governo. A mutare è l’approccio; nel mentre si scacciano i poveri che cercano una vita dignitosa, ci si appresta ad accogliere in tripudio i ricchi, con tanto di Trump card effigiata in oro.

Sarei curioso di sapere cosa ne pensano i tanti che hanno votato per lui dicendolo «dalla parte del popolo», difronte a tutto questo e in vista di un aumento dei prezzi per effetto della sua politica di dazi che difficilmente sarà compensato da altrettante salite nei salari. Ma temo di conoscere già le possibili risposte e i loro sentimenti. Nel suo bel romanzo distopico, pubblicato nel 1935, in cui si immagina la vittoria nelle elezioni americane del ’36 di un emulo di Mussolini e Hitler, il personaggio letterario di Buzz Windrip, e l’instaurazione di una dittatura, Sinclair Lewis scriveva:

«Serpeggiava un certo malcontento fra persone che un tempo avevano posseduto automobili e stanze da bagno, e mangiato carne due volte al giorno, nel dover camminare quotidianamente quindici o trenta chilometri, fare il bagno una volta alla settimana in un lungo abbeveratoio insieme ad altri cinquanta individui, pasteggiare con carne solo due volte alla settimana – quando andava bene – e dormire in letti a castello, un centinaio per stanza. Eppure ci furono meno episodi di ribellione rispetto a ciò che un mero razionalista come Walt Trowbridge – il rivale di Windrip, sconfitto in modo ridicolo – si sarebbe aspettato, poiché ogni sera l’altoparlante recava agli operai le preziose voci di Windrip e di Sarason, del vicepresidente Beecroft, del segretario della Guerra Luthorne, del segretario dell’Istruzione e della Propaganda Macgoblin, del generale Coon, o di qualche altro genio. E questi dei dell’Olimpo, rivolgendosi ai reietti più sporchi e più stanchi come se parlassero ad amici intimi, dicevano loro che avevano l’onore di essere le pietre angolari di una Nuova Civiltà, l’avanguardia di un movimento che avrebbe conquistato il mondo intero. E quelli, come i soldati di Napoleone, ci credevano.

E comunque avevano gli ebrei e i neri da guardare con disprezzo, ogni giorno di più. A questo badavano gli MM (i “Minute Men”, il braccio armato del presidente, organizzati come le camicie brune o nere dall’altra parte dell’Atlantico, n.d.r.). Ognuno è re, finché può guardare qualcun altro dall’alto in basso» (S. Lewis, Qui non può succedere, Chiarelettere, 2024, p. 173).

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