La piazza di sabato, o meglio le piazze, visto che le manifestazione per l’Europa si sono tenute in molte località, sono state tante tante cose. Diverse, sicuramente in sé stesse. Opposte, nella visione dei critici. Di certo contraddittorie, nella loro precisa impostazione. Ma è poi davvero un male, questa loro apparente e manifesta incoerenza interna?
Insomma, se quelle manifestazioni le avessimo analizzate secondo le categorie che usavamo fino a qualche decennio fa, almeno nella loro genesi le avremmo definite iniziative della “società civile”. Ne abbiamo viste altre, negli anni passati, con ambizioni più o meno elevate di quella presente, comunque con incongruenze accentuate o solo accennate, presenti in ogni caso. Dopotutto, per quanto civile, è pur sempre una società quella che li immagina. Manca una piattaforma condivisa fin nei particolari? Sì. C’è confusione fra le strategie per arrivare all’obiettivo comune? Forse. Però, quest’ultimo è definito – la richiesta di un rafforzamento dell’Unione Europea, in chiave federalista, fino all’idea degli Stati Uniti d’Europa –, al di là delle differenti strategie e delle piattaforme politiche. Ingenua, magari, e sostenuta da un discorso non sempre coerente, nelle componenti che lo animano; «Ma chi, chi ha mai detto che una spinta nuova può nascere già tutta compiuta, quasi in bella copia? […] solo i pedanti possono stupirsi se ci sono tutt’ora delle lacune, delle improvvisazioni, delle sgrammaticature» (Pietro Ingrao, 4 marzo 1983, XVI congresso del Pci).
Civile o meno che la si voglia, una società ha poi in sé una diversità di posizioni e idee su come raggiungere gli obiettivi finali, persino quando questi sono identificati all’interno di un orizzonte di consenso condiviso. Pur cercando di star qui lontani dalla dicotomia “Gemeinschaft vs Gesellschaft”, va detto che un programma politico più concreto e coerente lo si trova in una comunità politica, ma che non è e non era questo quella che è scesa in piazza sabato.
Era ed è una società, con tutte le contraddizioni che in essa ci possono essere. Per questo facilmente attaccabile dai detrattori e in ciò probabilmente più debole nel veicolare il messaggio, laddove una comune voce unisona e un tetragono impianto ideologico comune nelle parole di tutti i partecipanti fin nel minimo dettaglio avrebbe ottenuto risultati più immediati e d’impatto. «Ma è male fermarsi, difficile contentarsi di un solo modo di vedere, privarsi della contraddizione, che è forse la più sottile delle forze dello spirito» (Albert Camus, Il mito di Sisifo, in Opere, Bompiani, 2000, p. 258).